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Intervista

«Brexit? Il nostro posto è in Europa»

L’anglo-italiana Anne Parry dice no al divorzio tra Londra e l’Unione Europea

di Gianni BORSAAgensir

31 Gennaio 2020

No, lei non ci sta. Non si rassegna all’idea che il proprio Paese si isoli dal resto dell’Ue. E così, nonostante il Brexit diventi operativo dal 1° febbraio, continua la sua battaglia: «Il nostro posto è in Europa». Anne Parry è nata a Liverpool, è cresciuta a Retford, nei pressi della foresta di Sherwood. Dal 1982 vive in Italia – con doppia cittadinanza – a Negrar di Valpolicella (Verona), col marito Mario. Insegnante di lingue, Anne è attivista di British in Italy: con Mario ha manifestato per un deciso “no” al divorzio di Londra dal continente, a Roma, Firenze e per ben sei volte nel Regno Unito, tra Londra, Leeds e Winchester: «Abbiamo marciato verso il Parlamento britannico partendo da Buckingham Palace, poi due volte da Hyde Park e ancora a Trafalgar Square». In milioni hanno marciato più volte dopo il referendum del 2016 per fermare il recesso dall’Unione.

Anne Parry ci riceve nella sua casa di Negrar. Nel soggiorno, in bella mostra, spicca una grande sardina blu con le 12 stelle europee. Anche lei si sente «una sardina, di quelle che manifestano per le proprie idee, contro il populismo». Di recente Anne e Mario hanno anche partecipato a tre manifestazioni delle Sardine, a Verona, Roma e l’ultima volta domenica scorsa a Desenzano. Trova molti punti in comune tra i valori delle Sardine e il movimento anti-Brexit, quali il rifiuto del nazionalismo/sovranismo che tende a dividere invece che riunire le persone di diverse nazionalità, la solidarietà, l’inclusione, i diritti dei cittadini garantiti dall’Ue e che potrebbero venire meno nel Regno Unito dopo il Brexit. E, ancora, l’importanza di una politica seria, competente e non urlata, la non violenza e anche l’attenzione all’emergenza climatica.

Proprio il populismo è alla base del Brexit. «Gli inglesi – dice – hanno votato al referendum senza rendersi conto fino in fondo delle pesanti conseguenze che avrà. Sulle nostre vite, sulla nostra economia…». In Valpolicella, alla vigilia del fatidico 31 gennaio, il Movimento federalista ha organizzato un incontro per far conoscere i vantaggi dell’Unione europea, per discutere di eventuali riforme necessarie a rendere l’Ue più vicina ai cittadini ed efficace nella sua azione. Non tutto è perfetto tra i Ventisette, «ma l’isolamento – dice Anne Parry – è certamente peggio». Aggiunge, decisa: «Brexit è una scelta sbagliata. Divide il Paese, divide le famiglie. In molte case non è possibile introdurre alcun discorso sul Brexit, altrimenti si finisce litigando!».

Ma qual è, secondo lei, il futuro del suo Paese? «È certamente in Europa, accanto agli altri popoli europei. Condividiamo storia, cultura…». «La nostra lingua è diventata una specie di lingua franca condivisa da persone in tante altre parti dell’Europa e del mondo. E noi, nel Regno Unito, importiamo beni e servizi di tutti i tipi dall’Unione europea, molti britannici amano la moda italiana, apprezziamo ovviamente cibi e vini europei…». Anne è attivissima sui social per diffondere conoscenze sull’Ue e mettere in guardia dagli effetti temuti del Brexit. «Di sicuro – dichiara – i miei connazionali che vivono in Italia sono contrari al Brexit».

Ma come si è giunti a convincere il 52% degli elettori a scegliere «leave» anziché «remain»? «C’è stato, prima del referendum, un bombardamento di pubblicità a pagamento a favore di Brexit su Facebook e Twitter». Anne puntualizza: «I giornali, soprattutto i tabloid popolari, hanno dipinto l’Unione come fonte di leggi e di politiche contrarie agli interessi inglesi. E la classe politica ha fatto il resto». Theresa May e soprattutto ora Boris Johnson hanno cavalcato il malessere alimentato dai media per portare il Paese fuori dall’Unione… «Johnson è un personaggio ambiguo che dice una cosa un giorno e l’opposto il giorno dopo, in base ai suoi interlocutori e l’interesse del momento, e si è servito di fake news per alimentare l’odio britannico» verso la “casa comune” europea. Secondo lei – chiediamo ancora – ci potrà essere un secondo referendum in futuro? «Non credo, purtroppo. Ma penso che la decisione di lasciare l’Unione non sia più una scelta condivisa dalla maggioranza degli inglesi; anche nel 2016 la maggioranza era strettissima, purtroppo ora ci obbliga a questo nuovo isolazionismo». E conclude: «Ritengo che dopo aver sperimentato le difficoltà che attendono il Paese, molti inglesi si informeranno meglio e si pentiranno della decisione presa».

 

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