«Molte volte pensiamo il “noi” come uno sforzo da mettere in atto: invece è un “noi” che dobbiamo iniziare a riconoscere come dimensione essenziale. In qualunque cosa usiamo e consumiamo, a qualunque servizio accediamo, il noi ci preesiste: è un dato di fatto. Cominciare a scoprirlo nel luogo più ovvio, il posto di lavoro dove si interagisce – il lavoro è sempre per e con qualcuno, come dice la Laborem Exercens – è necessario e su questo bisogna lavorare non ideologicamente ma testimoniando». Simona Beretta, docente di Politica economica alla Cattolica e direttrice del Centro di Ateneo per la Dottrina sociale della Chiesa, lo sottolinea in riferimento al tema del Convegno e della Veglia diocesana del Lavoro 2024, dal titolo «Lavoro, partecipazione, sviluppo: il “noi” per il Bene comune» (a cui interverrà personalmente).
Qual è secondo lei, l’urgenza più grave oggi nel mondo del lavoro?
La prima cosa è renderci conto dell’infinita dignità del lavoro, anche del più umile. E naturalmente, mai come in queste ore, urgente è la tutela della vita e della salute dei lavoratori. Inoltre, c’è il tema del giusto salario che non è da sventolare come una bandiera ideologica. Terzo, occorre favorire, in tutti i modi possibili, la partecipazione a forme comunitarie di esperienza lavorativa.
I cambiamenti rapidissimi nel comparto occupazionale richiedono nuova capacità di immaginazione?
L’accelerazione in atto chiede leggerezza e anche agilità nell’individuare le nuove forme della solidarietà. Chi ha un’intuizione deve essere assolutamente incoraggiato e le persone che vivono un’esperienza di fede e di speranza devono contribuire.
Le politiche attive del lavoro aiutano anche la partecipazione democratica, secondo la logica del titolo del messaggio Cei per il 1 maggio, «Il lavoro per la partecipazione e la democrazia»?
Certamente, ma sapendo che «attive» non significa calare dall’alto qualcosa che magicamente risolve i problemi, ma accompagnare il singolo lavoratore dentro percorsi sensati e di prospettiva durevole. In questo senso, penso che la responsabilità personale, la collaborazione nelle forme istituzionali esistenti e nuove, domandino capacità di mettersi in gioco, perché il passo dalla partecipazione al mondo del lavoro a quella democratica è veramente brevissimo. Forse, addirittura, neanche esiste, visto che viviamo in una Repubblica che è fondata sul lavoro.