
Francesca Melzi d’Eril è la prima presidente donna del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano (CCCM). È stata eletta nel giugno scorso, succedendo a padre Traian Valdman, e resterà in carica per un anno (rinnovabile). L’incarico “ruota” tra i rappresentanti delle diverse confessioni: nel 2008-2009 la presidenza spettava a un cattolico, la vicepresidenza a un evangelico (Emmanuel Gau dell’Esercito della salvezza), la segreteria a un ortodosso (padre Aren Shaeenian della Chiesa apostolica Armena).
Il CCCM è nato nel 1998 con l’inaugurazione solenne nel Tempio Valdese alla presenza del cardinale Carlo Maria Martini. Da allora si sono sempre succeduti presidenti uomini. L’elezione di Melzi d’Eril è dunque una novità, anche se «nella delegazione cattolica ci sono già tante donne: Rosangela Vegetti, Federica Frattini, Mariuccia Pietrogrande…».
È dunque una donna a rappresentare il Consiglio in varie occasioni: dalla Giornata della pace in Duomo (in cui l’Arcivescovo invita per tradizione tutti i membri delle Chiese) alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, fino al culto ecumenico che si svolge ogni sabato sera a San Gottardo, dove anche le donne annunciano il Vangelo. «Questa è una rivoluzione – spiega la presidente del Consiglio -: non siamo all’interno di una celebrazione eucaristica e quindi le donne possono annunciare la parola di Dio e commentarla all’ambone». Questa presenza femminile, ammette Melzi d’Eril, «non si è vista altrove, ma a Milano “predicatrici” come Maria Cristina Bartolomei, Silvia Giacomoni e una suora si sono avvicendate all’ambone». Finora questo avveniva solo per la Chiesa evangelica, «mentre ora si è aperto un piccolo varco, seppure con difficoltà, anche in ambito ecumenico». Francesca Melzi d’Eril è la prima presidente donna del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano (CCCM). È stata eletta nel giugno scorso, succedendo a padre Traian Valdman, e resterà in carica per un anno (rinnovabile). L’incarico “ruota” tra i rappresentanti delle diverse confessioni: nel 2008-2009 la presidenza spettava a un cattolico, la vicepresidenza a un evangelico (Emmanuel Gau dell’Esercito della salvezza), la segreteria a un ortodosso (padre Aren Shaeenian della Chiesa apostolica Armena).Il CCCM è nato nel 1998 con l’inaugurazione solenne nel Tempio Valdese alla presenza del cardinale Carlo Maria Martini. Da allora si sono sempre succeduti presidenti uomini. L’elezione di Melzi d’Eril è dunque una novità, anche se «nella delegazione cattolica ci sono già tante donne: Rosangela Vegetti, Federica Frattini, Mariuccia Pietrogrande…».È dunque una donna a rappresentare il Consiglio in varie occasioni: dalla Giornata della pace in Duomo (in cui l’Arcivescovo invita per tradizione tutti i membri delle Chiese) alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, fino al culto ecumenico che si svolge ogni sabato sera a San Gottardo, dove anche le donne annunciano il Vangelo. «Questa è una rivoluzione – spiega la presidente del Consiglio -: non siamo all’interno di una celebrazione eucaristica e quindi le donne possono annunciare la parola di Dio e commentarla all’ambone». Questa presenza femminile, ammette Melzi d’Eril, «non si è vista altrove, ma a Milano “predicatrici” come Maria Cristina Bartolomei, Silvia Giacomoni e una suora si sono avvicendate all’ambone». Finora questo avveniva solo per la Chiesa evangelica, «mentre ora si è aperto un piccolo varco, seppure con difficoltà, anche in ambito ecumenico». Una maggiore comunione Scopo del CCCM non è quello di organizzare eventi, «ma di promuovere prima di tutto una maggiore comunione tra le 18 Chiese presenti nel Consiglio – dice Melzi d’Eril -, creando quasi un vincolo fra quelle che convivono sullo stesso territorio e che talvolta si conoscono poco».Oggi, a distanza di 11 anni, «ci conosciamo molto meglio, ci apprezziamo, abbiamo imparato molto l’uno dell’altro, cerchiamo di abbattere pregiudizi e stereotipi sulle varie confessioni…». Si tratta dunque di un cammino interno di stima reciproca e collaborazione, ma anche di promozione all’esterno, perché le iniziative ecumeniche non siano calate dall’alto. «Per la Veglia di Pentecoste, per esempio, non intendiamo “catapultare” su una parrocchia o un decanato un evento, ma vorremmo che la comunità ecclesiale si preparasse all’evento lungo il corso dell’anno, coinvolgendo anche il territorio». È facile trovare un decanato disposto a ospitare la Veglia, «ma è anche necessario proporre un percorso, perché la gente non arrivi impreparata: un conto è partecipare alla processione altro è avere una formazione ecumenica. Qui sta il nostro ruolo di promozione».Sulla Festa della Donna testimonianze e approfondimenti su Milano 7 di Avvenire di domenica 8 marzo