La campagna elettorale ha raggiunto l’apice in tutti i 27 Stati aderenti. Partiti, liste e candidati si disputano i 736 seggi a disposizione per la legislatura 2009-2014, che saranno ripartiti in base al peso demografico dei singoli Stati. La campagna elettorale ha raggiunto l’apice in tutti i 27 Stati aderenti. Partiti, liste e candidati si disputano i 736 seggi a disposizione per la legislatura 2009-2014, che saranno ripartiti in base al peso demografico dei singoli Stati. Campagne elettorali “nazionali” In realtà le campagne nei vari Paesi membri si assomigliano almeno per tre aspetti: anzitutto sono quasi esclusivamente centrate su argomenti di politica nazionale piuttosto che su questioni di diretta competenza e di “respiro” comunitari; in secondo luogo gli stessi partiti stanno dando vita a elezioni a carattere nazionale, in cui prevale la “resa dei conti” interna, anziché una più ampia visione del futuro dell’integrazione; inoltre, l’attenzione dei media tende a omologarsi a questa visione nazionale del voto, piuttosto che a sollecitare i competitori a mostrare la loro “idea d’Europa”, a esporre programmi per rafforzare e rendere più efficace l’Ue.Certo, le eccezioni non mancano e taluni temi comunitari fanno breccia in qualche dibattito televisivo o sui giornali: fra questi l’energia, il cambiamento climatico, la sicurezza e la risposta alle migrazioni. Il Trattato di Lisbona, invece, rimane fuori dalla portata delle opinioni pubbliche (pochissimi elettori ne conoscono contenuto e valore), salvo che in quei Paesi dove esso rappresenta un elemento dirimente tra le posizioni “euroscettiche” ed “euroentusiaste”: ciò vale soprattutto per l’Irlanda, che dovrà tornare a votare per la ratifica o meno del Trattato, e nei Paesi dell’est, specialmente nella Repubblica ceca, presidente di turno Ue, che ha appena dato il via libera al testo, registrando però una forte opposizione interna. Sette gruppi, oltre ai “non iscritti” Partiti e leader scarsamente attenti ai problemi europei, dunque; eppure i partiti dovrebbero rappresentare l’anima del dibattito politico al Parlamento europeo, dove i deputati si dividono non per appartenenza nazionale, ma per affinità politiche. Attualmente al Parlamento esistono sette gruppi: quello del Partito popolare europeo (democratici cristiani/democratici europei), con sigla Ppe/De, che all’ultima sessione plenaria di maggio contava 288 deputati; il Gruppo socialista (Pse), con 217 esponenti; l’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa (Alde), 100; l’Unione per l’Europa delle nazioni, 44; il Gruppo Verdi/Alleanza libera europea (Verdi/Ale), 43; il Gruppo confederale della sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica (Gue/Ngl), 41; Indipendenza/Democrazia (Ind/Dem), 22. Vi sono poi 30 “Non iscritti”, ossia deputati non appartenenti ad alcun gruppo. Ogni gruppo politico doveva finora avere non meno di 20 deputati provenienti da almeno sei Stati membri; dopo le elezioni del 2009, invece, per formare un gruppo a Strasburgo occorreranno 25 eletti provenienti da almeno 7 Stati. Convinzioni, interessi nazionali, lobby I gruppi politici del resto non sono da intendersi come i partiti che compongono in genere i Parlamenti nazionali, cioè coesi sotto il profilo storico, ideologico, culturale, programmatico. In realtà nei gruppi dell’Europarlamento confluiscono rappresentanti eletti in numerosissime liste, coalizioni o partiti su base regionale o nazionale; poi, in sede Ue, essi devono mediare su ciascun tema o legge in cantiere fra convinzioni etico-politiche personali, interessi nazionali, interessi sociali e territoriali di cui ogni deputato si sente interprete. Inoltre i deputati subiscono fortissime pressioni da ogni sorta di lobby ruotante attorno alle istituzioni comunitarie. In questo senso, quindi, il “bene comune europeo” dovrebbe essere una risultante di tali pur comprensibili mediazioni e pressioni, anche se spesso non succede così. La composizione delle singole formazioni Per quanto riguarda la composizione del Parlamento Ue, si possono osservare alcune particolarità in merito ai gruppi politici. Ad esempio nel Ppe il gruppo nazionale più forte è, al termine della legislatura 2004-2009, quello tedesco (sommando esponenti dei partiti Cdu e Csu), con 49 deputati, seguiti da 27 britannici (Conservatori), italiani (24, soprattutto appartenenti al partito denominato Forza Italia), spagnoli (24), francesi e romeni (18), polacchi (15). Nel Ppe sono iscritti deputati di tutte le 27 nazionalità Ue. Nel Pse la forza prevalente è invece quella francese (Socialisti), con 31 membri, seguiti da 24 spagnoli, 23 tedeschi (Socialdemocratici), 19 britannici (Laburisti), 17 italiani, 12 portoghesi. Nel Pse non sono presenti né ciprioti né lettoni. Le componenti nazionali prevalenti nell’Alde sono quelle italiana, britannica e francese; ben rappresentati anche belgi, bulgari, tedeschi, lituani, olandesi e finlandesi. Nell’Uen le bandiere più frequenti sono quelle polacca e italiana; tra i verdi la tedesca e la francese; nella Gue la ceca, la tedesca e l’italiana; nel gruppo Ind/Dem i britannici sono in netta prevalenza.
Elezioni europee
La mappa dell’emiciclo
Numeri, gruppi, formazioni e i 736 seggi del Parlamento Ue
Carlo ROSSI Redazione
27 Maggio 2009