19/09/2008
«Vietare la prostituzione di strada è una misura del tutto inefficace, perché non è certo di contrasto allo sfruttamento e al fenomeno stesso. A noi non interessa la visibilità, anzi riteniamo che in questo caso il fatto che le donne siano visibili sia una possibilità per raggiungere da parte delle associazioni di solidarietà e dalle forze dell’ordine. Nel momento in cui saranno tutte al chiuso saranno irraggiungibili». È molto netta suor Claudia Biondi, responsabile dell’area tratta e prostituzione della Caritas Ambrosiana, sul disegno di legge del ministro Carfagna.
Un «commento negativo come Caritas Italiana e Ambrosiana – sottolinea -. Insieme al gruppo di associazioni che da 15 anni ci occupiamo di prostituzione abbiamo già avuto modo di esprimere le nostre valutazioni a luglio, quando il ddl era stato ventilato e poi ritirato. Un parere negativo che ribadiamo oggi».
Suor Claudia da anni è in prima linea e conosce bene questo drammatico problema. Secondo lei con il ddl diventerebbe «un fenomeno del tutto sommerso e rimarrà la grande questione legata allo sfruttamento e al traffico, perché sappiamo che la maggior parte delle donne sulle nostre strade sono “trafficate”. Non si parla di ragazze che lo fanno per libera scelta. Sappiamo che il mercato della prostituzione è uno dei più fiorenti a livello mondiale ed è gestito da reti criminali. Quindi il fatto di dire che le togliamo dalle strade perché così non si vedono, perché fa parte di quelle misure che riguardano il decoro e non vanno a incidere sulla vita delle persone, questo, come Caritas, non ci può vedere d’accordo».
Ma questo provvedimento potrebbe rappresentare un primo passo utile? «Non è un primo passo, perché non ha nessuna misura di tutela della dignità e della vita di queste persone. Poi il fatto che abbiano completamente ignorato il parere di chi da anni si occupa di prostituzione è grave. Abbiamo tentato un’interlocuzione con il Ministero da quando il Governo si è insediato, ma siamo stati ignorati. Siamo molto preoccupati, perché è una misura che punta verso la clandestinità, a nascondere tutto». Per suor Claudia in particolare «lo strumento repressivo va utilizzato nei confronti della criminalità».
Si parla anche di schedature e di controlli sanitari… «Non siamo assolutamente d’accordo a schedare una donna come prostituta, come c’era prima della legge Merlin. Sui controlli sanitari, è una questione di educazione: lavorando con loro sappiamo che sono molto più attente dei clienti alla propria salute. I controlli potrebbero servire attraverso azioni educative ad ampio spettro, perché chi chiede di avere rapporti non protetti sono gli uomini». (p.n.)
Ulteriori approfondimenti su “Milano 7” di Avvenire di domenica 21 settembre