01/08/2008
di Stefano VECCHIA
Pechino si dà gli ultimi ritocchi. Con un’ansia e una frenesia che vanno di pari passo con l’importanza del sommo evento sportivo, moltiplicato per quante sono le aspettative dei cinesi.
Le prove generali della cerimonia inaugurale – tenute l’11 luglio in uno Stadio nazionale (il “Nido”) sigillato da un cordone di poliziotti- sono state trattate come un “segreto di Stato” e in un certo senso questo sono: la Cina vuole stupire, anche in originalità.
Il famoso regista Zhang Yimou, responsabile delle cerimonie di apertura e di chiusura dei Giochi, ha già chiarito che i 50 minuti di spettacolo in preparazione da tre anni non saranno una noiosa lezione di storia della cultura cinese: «Non possiamo mostrare una cronistoria di 5.000 anni di civiltà cinese. Dobbiamo preparare un bello spettacolo che la gente possa apprezzare e per il quale possa commuoversi».
La Cina ha preparato le sue Olimpiadi dentro e fuori le strutture sportive. Circa 10 mila atleti da 203 Paesi, 500 mila visitatori sono attesi a Pechino nei giorni delle Olimpiadi. A questi seguiranno, a decine di migliaia, per le Parolimpiadi (6-17 settembre).
Alloggiarli, nutrirli, corteggiarli e magari controllarli sarebbe una sfida ovunque, nella capitale del colosso asiatico rappresenta un momento storico. La loro presenza non cambierà soltanto la composizione etnica della metropoli cinese, diluendo per qualche giorno gli oltre 11 milioni di cinesi con decine di etnie e lingue estranee: la prospettiva del loro arrivo ha già iniziato a modificarne in modo permanente aspetto e abitudini.
E se per anni i pechinesi hanno annaspato in nebbie fitte di idrocarburi e polveri, oggi arrivare a una qualità accettabile dell’aria è un obbligo olimpico e raggiungerla una corsa contro il tempo.
I rischi per la salute di maratoneti e ciclisti che respireranno a pieni polmoni un mix di gas di scarico, polveri sottili e ozono sono concreti. E allora dall’inizio di luglio e fino al 20 settembre la municipalità ha bandito dalle strade 300 mila automezzi non a norma, mentre i non residenti dovranno mostrare, quando richiesto, il loro lasciapassare ecologico. La pubblica amministrazione ha bloccato il 70% dei propri veicoli e, come se non bastasse, dal 20 luglio è entrato in vigore un sistema di targhe alterne che durerà due mesi.
Va detto che l’inquinamento da polveri è dovuto soprattutto agli impianti di produzione di energia elettrica alimentate a carbone e dalle fabbriche, ma è anche vero che il traffico caotico (la velocità media di un autoveicolo è scesa a 12 chilometri all’ora) viene alimentato ogni giorno da un flusso di mille nuove immatricolazioni.
La municipalità ha investito l’equivalente di 2,5 miliardi di euro per rendere più respirabile la città. Un obiettivo che sembra a portata di mano, almeno per un periodo limitato di tempo. A consolidarlo sarà una rete di ferrovie sotterranee ampliata e rimodernata su cui i treni, sia delle linee di superficie che sotterranee, correranno a intervalli di 3-5 minuti.
Allungare dai 114 chilometri attuali a 200 chilometri la rete metropolitana, aggiungendo 56 nuove stazioni, è stato il primo record olimpico. Anche i 60 mila taxi sono stati oggetto di sostituzioni e revisioni, ma nulla si è potuto contro la situazione di vassallaggio di molti autisti, vessati da caporali e padrini che lasciano nelle loro tasche solo le briciole delle poche corse consentite dal traffico impossibile.
Loro saranno tra gli insoddisfatti delle Olimpiadi, comunque vadano sul piano sportivo, insieme agli “irregolari” tenuti a distanza dalla Pechino olimpica. Ronde di poliziotti e volontari pattugliano la città 24 ore su 24, in cerca non soltanto di mendicanti, ma anche di distributori di volantini, rivenditori di vari beni e guidatori di taxi a tre ruote non autorizzati.
Ultimo in ordine di tempo tra i diktat della municipalità, il divieto di vendere e consumare nei pubblici esercizi la carne di cane. La direttiva dell’Ufficio per la Sicurezza Alimentare della capitale cinese, emessa «per rispettare le abitudini alimentari degli altri Paesi», ha messo al bando un prodotto molto apprezzato, non solo dalla numerosa comunità coreana che vive nella capitale, ma anche nelle province meridionali del Paese. Niente di fatto invece per la carne d’asino, altro invitato suo malgrado alla tavola dei pechinesi.