«Le parrocchie siano comunità di accoglienza» assumendosi l’eventuale rischio di una «carità profetica». Lo sostiene il documento In Cristo e con la Chiesa al servizio dei senza fissa dimora del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti pubblicato lo scorso anno. Una sollecitazione, non solo agli addetti ai lavori, a fare la propria parte per venire incontro ai bisogni crescenti dei clochards: vengono interpellati le Conferenze episcopali, le diocesi, le parrocchie e le comunità. Ognuno di questi ambiti può diventare uno spazio in cui declinare le strategie operative più consone ai tempi e ai luoghi nei quali il fenomeno è presente, ma anche occasione di riflessione per interrogarsi sulla reale condizione della povertà estrema. Il testo sollecita la promozione di «opere che siano segni per affermare profezia, interesse e impegno della comunità cristiana per i senza dimora». «A partire dalle comunità parrocchiali bisognerebbe pensare a forme di ospitalità, magari maggiormente flessibili, più piccole, dislocate su tutto il territorio, per dare una mano alle persone che stanno fuori dai grandi circuiti – specifica Raffaele Gnocchi -. Una responsabilità che chiama tutti a intervenire. Come Caritas facciamo questo appello affinché si aprano oltre che in alcuni momenti il cuore, anche gli occhi sulle realtà che si incontrano». (p.n.)
Parrocchie, “comunità di accoglienza”
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