«La sicurezza e la stabilità permangono fragili», ha detto
Benedetto XVI ai 176 ambasciatori accreditati presso la Santa
Sede. In un ampio giro d’orizzonte il Pontefice ha rilevato
gli strascichi dolorosi delle crisi medio-orientali (con le minacce
per la libertà religiosa «spesso compromessa»), la necessità
di dialogo per far fronte alle tensioni in Pakistan e Afghanistan
e l’impegno della Chiesa a favorire giustizia e pace in Somalia
e Kenya. Per quanto riguarda l’Europa, il Santo Padre è tornato
a chiedere attenzione per le radici cristiane e ha intrecciato
la sua riflessione con l’invito a rispettare la sacralità
della vita «troppo spesso ancora oggetto di attacchi»
di Rita Salerno
09.01.2008
C’è tutto il mondo in quelle otto cartelle che rappresentano uno dei pronunciamenti annuali più attesi del magistero petrino: dalle crisi africane alla violenta instabilità del Medio Oriente, dai Paesi asiatici devastati dalle catastrofi naturali ai contrasti non più eludibili in Myanmar e in Sri Lanka. Segni che «la sicurezza e la stabilità del mondo permangono fragili».
Il discorso che Benedetto XVI ha rivolto il 7 gennaio ai 176 ambasciatori accreditati presso la Santa Sede è tutto in chiave di speranza. Non mancano l’aspirazione del mondo alla pace e l’esigenza che le Nazioni collaborino per aumentare la sicurezza. Spiccano la moratoria sulla pena di morte e l’invito a un dibattito pubblico sul carattere sacro della vita.
È un giro d’orizzonte ampio e articolato, quello offerto dal Papa, che ha denunciato le ombre, i drammi che attraversano il pianeta e le luci rappresentate dai passi avanti messi a segno a varie latitudini. I primi sette paragrafi dell’intervento sono una fotografia della situazione dei cinque continenti.
A irrompere tra le pagine sono gli strascichi dolorosi della cronaca internazionale più recente: gli attentati in Iraq e il conflitto israelo-palestinese. Spunti per un appello del Papa sulla libertà religiosa «spesso compromessa»: «Attualmente gli attentati terroristici, le minacce e le violenze continuano, in particolare contro la comunità cristiana – ha rimarcato -. È evidente che resta da tagliare il nodo di alcune questioni politiche. In tale quadro, una riforma costituzionale appropriata dovrà salvaguardare i diritti delle minoranze».
Preoccupazioni e auspici si mescolano alla parola «riconciliazione» declinata nei suoi diversi aspetti. Accanto all’invito alla comunità internazionale «a sostenere israeliani e palestinesi con convinzione e comprensione per le sofferenze e i timori di entrambi», si fa spazio la richiesta di dialogo per il Libano, per il Pakistan e per l’Afghanistan, nel quale «alla violenza si aggiungono altri gravi problemi sociali».
Motivo di speranza sono l’America Latina e Cuba, dove dieci anni fa si è recato Giovanni Paolo II. Toccando il nodo dell’Africa, Benedetto XVI ha ricordato la «profonda sofferenza» del Darfur, nel quale la speranza appare – ha detto – «quasi vinta dal sinistro corteo di fame e di morte».
E a proposito delle violenze in Somalia e del Kenya messo a ferro e a fuoco dai recenti scontri, il Papa ha pronunciato un nuovo appello: «Invito tutti gli abitanti, e in particolare i responsabili politici, a ricercare mediante il dialogo una soluzione pacifica, fondata sulla giustizia e sulla fraternità. La Chiesa cattolica non è indifferente ai gemiti di dolore che si innalzano da queste regioni. Ella fa proprie le richieste di aiuto dei rifugiati e degli sfollati, e si impegna per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace».
Lo sguardo rivolto all’Europa registra miglioramenti in Kossovo, ma non manca di chiedere attenzione per la crisi di Cipro. Riferendosi al trattato di Lisbona, il Papa torna a chiedere rispetto per le radici cristiane del Vecchio Continente. Infine, la riflessione si sposta sui valori assoluti della pace, della libertà e della giustizia, intrecciandosi al rispetto della vita e della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Per Benedetto XVI è l’occasione di ribadire la sacralità della vita «troppo spesso ancora oggetto di attacchi» prima e dopo la nascita. E di indirizzare un monito a ricercatori e scienziati impegnati sulle nuove frontiere della bioetica perché sia fatto un uso morale della scienza.