05/06/2008
Dai dati dell’ultimo Rapporto Istat emerge che nel nostro Paese molte famiglie rischiano di precipitare nella povertà. I redditi italiani sono sotto la media europea, metà delle famiglie vive con meno di 1.900 euro mensili, il 14,6% arriva con molte difficoltà a fine mese e il 28,4% non riesce a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro.
Altri dati che hanno suscitato allarme sono quelli sul risparmio: il 66,1% degli italiani dichiarano di non riuscire a mettere da parte risparmi, il 13% è il tasso di impoverimento degli italiani rispetto al 15% dell’insieme degli abitanti dell’Ue. Aumentano le famiglie della classe media che, per un licenziamento o una malattia improvvisa, si trovano in condizione di grave disagio o addirittura finiscono in condizione di povertà. Riflette su questi dati Pietro Boffi, direttore del Centro di documentazione del Cisf.
Come valuta i dati dell’Istat?
Da un lato non c’è nulla di nuovo. Il Rapporto riprende dati già usciti in gennaio, quando venne pubblicato il Rapporto sulla povertà. Ancora una volta i giornali mettono in prima pagina le famiglie, facendo una denuncia di quello che non va in campo economico. Ciò sarebbe anche positivo, se non si limitasse, appunto, alla sola denuncia, ma favorisse la ricerca dei mezzi e sistemi che possano davvero migliorare la situazione per invertire la tendenza.
Cosa suggerirebbe come provvedimenti immediati in favore della famiglia?
Sicuramente il primo ambito di intervento, per il tipo di efficacia attesa e anche perché i tempi mi sembrano maturi, è quello fiscale, da un decennio in agenda. Penso cioè all’introduzione del quoziente familiare, provvedimento atteso, anche se bisogna vedere se per l’Italia rappresenta davvero il miglior sistema. È stato rilanciato come qualcosa che il governo farà e, quindi, l’attesa è legittima. Del resto non bisogna aspettare che le famiglie siano povere per intervenire, ma occorre evitare che ci arrivino: e allora il discorso fiscale, che tenga presenti i carichi familiari, è uno dei modi migliori per raddrizzare la situazione. Non a caso, buona parte delle famiglie numerose sono dentro i parametri di povertà e, quindi, si dovrebbe e potrebbe agire con rapidità ed efficacia.
In realtà il governo ha puntato su Ici e straordinari…
A mio parere ha buttato un po’ di fumo negli occhi. Il tema della casa va affrontato con soluzioni più forti perché il tema della casa è “per chi non ce la fa”, che non può permettersi né il mutuo né l’affitto. I dati sono evidenti a tutti: gli affitti sono saliti a livelli spropositati, c’è carenza di abitazioni a canoni sociali, c’è l’assenza dello Stato nelle case popolari. I giovani che vogliono farsi una famiglia non riescono a comprare casa e nemmeno ad affittarla. Così rinunciano ad avere figli o dopo il primo a pensare al secondo.
Che dire delle difficoltà a conciliare lavoro e famiglia?
Anche in questo caso occorrerebbe una visione più ampia e risolutiva: sui nidi si è mosso qualcosa, ma non devono essere assolutizzati come unico strumento. Le famiglie devono essere messe in grado di avere i figli che desiderano e occorre predisporre strumenti fiscali e legislativi che permettano la conciliazione dei due ambiti: penso, per esempio, a fattori quali orario, part-time orizzontale e verticale, rientri, ecc. In Francia è stato introdotto un sistema di baby-sitter col contributo dello Stato accanto a nidi flessibili, gestiti da madri. Sono strumenti che oltre tutto danno occasioni di lavoro nuove. Occorre essere creativi e non fermarsi a piccoli interventi di facciata.
L’allarme riguarda anche il risparmio che scompare…
Occorre tornare a una sana sobrietà. Un tempo si sorvegliavano ogni giorno le spese e si comprava quando era possibile. Oggi mi sembra che ci siano abitudini sbagliate, non ci si accontenta più, si paga a rate con prestiti che un domani potrebbero diventare troppo pesanti. Ripeto: bisogna tornare a un consumo critico e al risparmio, senza inseguire le mode.