A Strasburgo una relazione sottolinea l’esigenza della protezione da violenze, abusi, vecchie e nuove povertà, malattie e devianze e della salvaguardia da problemi legati alla mancanza d’istruzione («diritto sociale fondamentale» a prescindere dall’origine etnica) e all’emarginazione dovuta a ritardi nell’apprendimento. Una raccomandazione agli Stati membri a vietare l’uso del velo. Esplicito riconoscimento del ruolo della famiglia
18/01/2008
di Gianni BORSA
Una società europea a misura di bambini, in cui siano tutelati i minori e i loro diritti, senza possibili eccezioni. Èuno dei pilastri della relazione giunta questa settimana nell’emiciclo dell’Europarlamento che, senza oltrepassare la soglia delle competenze comunitarie, indica agli Stati membri alcuni elementi essenziali da concretizzare, per dare un presente sereno e un futuro certo ai più piccoli cittadini dell’Ue.
Gli eurodeputati hanno convenuto sul fatto che occorra riaffermare in positivo i diritti dei minori e, allo stesso tempo, proteggerli da ogni forma di violenza, fisica o psichica, dagli abusi sessuali, dalle punizioni umilianti e da qualsiasi «pratica tradizionale lesiva» della loro personalità e libertà (si pensi alle mutilazioni genitali femminili o ai “matrimoni combinati” in uso presso alcuni gruppi etnici o sociali che vivono nel vecchio continente).
Bisogna combattere la povertà materiale, che impedisce una vita dignitosa e piena a 1 bambino su 5 nella “ricca Europa”. Devono essere parimenti contrastate le “nuove povertà” e le più moderne malattie e devianze che colpiscono i figli di una società opulenta: l’obesità, la dipendenza da internet, telefonini e videogiochi; le minacce che giungono dai siti pedopornografici o, più comunemente, da una programmazione televisiva banale e volta al consumismo.
Il Parlamento punta l’attenzione sui casi-limite (bambini costretti a lavorare o mendicare, figli di immigrati illegali), così come su problemi molto frequenti, come il mancato accesso a un’adeguata istruzione, l’abbandono scolastico, le condizioni di emarginazione dovute a disabilità o a ritardi nell’apprendimento.
Sulla scuola il monito giunto dalla relazione stesa dalla deputata italiana Roberta Angelilli e dibattuta a Strasburgo, è chiaro: l’istruzione costituisce «un diritto sociale fondamentale, che va garantito a prescindere dall’origine sociale ed etnica del bambino e dalla sua situazione fisica o giuridica o da quelle dei suoi genitori», fossero anche immigrati clandestini.
Ha fatto e farà invece discutere la insistente raccomandazione rivolta agli Stati membri a introdurre il divieto di indossare il velo, «almeno nella scuola primaria», allo scopo «di consolidare il diritto all’infanzia e garantire successivamente una libertà di scelta effettiva e non imposta».
Positivo, infine, l’esplicito riconoscimento (e ci mancherebbe altro!) dell’«importante ruolo della famiglia» nella futura strategia comunitaria per i minori, «quale istituto fondamentale della società per la sopravvivenza, la protezione e lo sviluppo dei minori». In aula è stato ricordato però che occorre «riconoscere che un numero crescente di persone vive oggigiorno nell’ambito di situazioni familiari alternative, che non corrispondono all’immagine della famiglia nucleare classica composta da madre, padre e loro figli biologici». Un delicato dato di fatto da considerare, ma certo non una scusa per rendere più difficile la vita dei bambini.