28/03/2008
di Gianfranco GARANCINI
Il dato più evidente, e più significativo, è quello ufficializzato dall’Autorità garante per le comunicazioni: con picchi francamente indecenti (Tg4: 56,35% vs 15,66) e un’unica eccezione (Tg3: 31,36 vs 31,16), la par condicio é bellamente travolta su tutte le reti dell’informazione televisiva (il Pdl é al 37%, mentre il Pd è al di sotto del 30%) quanto a spazio informativo. I “piccoli”, poi, non hanno quasi voce. E mentre Silvio Berlusconi sprezza la par condicio («legge liberticida»), i suoi telegiornali riservano al suo partito trattamenti largamente di favore.
Uno dei sintomi di come si sta conducendo questa campagna elettorale, falsata da una legge elettorale scellerata. I problemi veri della gente vengono lasciati fuori o deformati: chi parla, per esempio, del conflitto d’interessi, per cui concessionario e concedente, controllato e controllore, appaltante e appaltatore sono lo stesso soggetto? Chi parla altresì dei limiti patrimoniali all’eleggibilità, senza i quali c’è sempre il rischio concreto che chi deve vendere o comprare sia anche quello che fa i prezzi, o che chi ha in mano le leve pubbliche dell’economia possa con esse governare anche quelle private?
La questione Alitalia è rivelatrice, politicizzata come un’arma della campagna elettorale, fra mirabolanti promesse (che si dovrebbero però realizzare… dopo le elezioni) e gravissime incertezze nella conduzione da parte della società e degli azionisti, con l’intromissione di ogni parte politica, a ciò legittimata proprio dal clima propagandistico. Passano nelle retrovie la crisi energetica che non smette di aggravarsi e la crescita delle tariffe non solo di luce e gas, ma anche di acqua e rifiuti: aumentano i costi, ma non migliorano i livelli di soddisfazione dei consumatori.
I treni aumentano le tariffe in modo pesante, ma, invece che migliorare il servizio, tagliano collegamenti e frequenze e lasciano peggiorare le condizioni di viaggio (manutenzione, pulizia, affidabilità degli orari). Lo stesso si deve dire per le strade, il cui livello di manutenzione è appena capace di assicurare una circolazione per altro intasata dal traffico commerciale.
Si è parlato di scuola? Di lavoro? Di cultura? Di sviluppo sostenibile? Di tutela dell’ambiente? Si è parlato, insomma, di futuro? Si è parlato di “voto utile”, questo sì. “Utile” ai cittadini? Ci è parso che non fosse questa la preoccupazione fondamentale: “utile”, invece, a conseguire il premio di maggioranza, a tornare (o restare) al potere, a bloccare i movimenti all’avversario, ad avere più seggi e più governo. E i cittadini stanno a guardare…
Quali riforme potrebbero essere utili? Prima di tutto, “restituire lo scettro al principe”, che è il popolo: è necessaria, subito, una riforma elettorale che tolga di mano alle segreterie dei partiti il controllo delle liste, anzi delle singole nomine e che impedisca il formarsi di coalizioni elettorali, che si sparpagliano subito dopo.
E poi, appunto, ridare stabilità allo Stato e all’ordinamento: non è possibile uno Stato serio e adulto con leggi che cambiano ogni pochi anni e, anche quando vengono varate, non entrano mai in vigore, tra proroghe, rinvii, modifiche, eccezioni (è il caso dei servizi pubblici, della sicurezza, del lavoro e della previdenza sociale…).
La prima riforma da fare, in verità, è una riforma della cultura politica: non si fa da un giorno all’altro, purtroppo, va preparata da lontano. Ed è forse questa la crisi più pericolosa. Ancora una volta è il cittadino che ha in mano il proprio futuro: il voto è il primo, ma decisivo passo verso quella stabilità che non può che essere affidata a persone oneste e disinteressate. Occorre trovarle. E votarle.