Il 29 marzo il Parlamento ha approvato la nuova legge “in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” e il Governo ha posto la fiducia su “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”.
Da una parte, considerando la situazione difficile e la spesso mancata tutela e idonea accoglienza di oltre 50 mila minori non accompagnati sbarcati in Italia tra il 2014 e i primi mesi del 2017, il Parlamento nel nostro Paese ha voluto adeguare la situazione, perché fosse esteso a tutti i minori, senza distinzione, il trattamento riservato ai minori di cittadinanza italiana o dell’Unione europea, ponendo il sistema italiano in una posizione di eccellenza nell’accoglienza e nella tutela dei minori migranti stranieri non accompagnati.
Dall’altra, il Governo ha voluto di fatto considerare i migranti che sbarcano in Italia – oltre 500 mila negli ultimi tre anni – e che chiedono asilo – 123 mila nel 2016 -, come soggetti per i quali è possibile derogare a un sistema di giustizia – costruito su tre gradi (Primo grado, Appello, Cassazione) che in Italia vale per tutti – ma anche riproporre una nuova forma di “detenzione amministrativa” in nuovi Centri che somigliano molto ai vecchi e vergognosi Cpt e poi Cie.
Questa sorta di strabismo nella politica migratoria, dimostrato nello stesso giorno, fa comprendere come si è lontani dal considerare l’attuale stagione migratoria come una “sfida” che dovrebbe determinare una nuova prospettiva politica, sociale e culturale nel governo delle migrazioni. Forse in questo momento, concretamente e realisticamente, sarebbe stato importante guardare alle storie, ai viaggi dei migranti, alle fatiche delle nostre comunità nel vedere la direzione in cui si sta andando nella tutela dei migranti e, al tempo stesso, del territorio e prendere la strada di risposte organiche, fedeli alla identità sociale, culturale e religiosa del nostro Paese.
In questo senso, sarebbe stato importante, accanto alla legge per i minori non accompagnati, una legge che considerasse la possibilità di un titolo di soggiorno premiale (protezione temporanea o umanitaria) a dei giovani che sono tra noi da almeno due anni, che hanno fatto percorsi di alfabetizzazione, di scolarizzazione, di lavoro; oppure una legge che favorisse l’estensione del servizio civile ai richiedenti asilo e rifugiati, per usare al meglio le risorse a beneficio dei giovani migranti e del territorio. Sarebbe stato importante valorizzare il mondo dell’associazionismo immigrato – che oggi esprime, ad esempio, la realtà di oltre 1 milione di africani presenti in Italia – per favorire una collaborazione per conoscere e accompagnare i nuovi migranti che arrivano tra noi, anche nelle Commissioni territoriali, che dovrebbero avere meno burocrati e più persone competenti nell’esame di una domanda d’asilo, accelerando così i tempi di risposta, ma soprattutto la qualità di una risposta a una domanda di protezione.
Sarebbe stato importante, inoltre, proporre una campagna di sensibilizzazione nei Comuni italiani per passare realmente ad un’accoglienza diffusa, come esperienza di miglior sicurezza dei migranti e del territorio; come anche ricordare la possibilità, attraverso canali legali d’ingresso, corridoi umanitari, di percorsi sicuri per i migranti e perché le persone arrivino e vengano distribuite sul territorio, così da favorire una maggiore consapevolezza europea. Non da meno sarebbe stato lungimirante dare dei segnali importanti per una cooperazione internazionale che percorra strade nuove a partire dagli 85 Paesi da cui provengono i migranti che sbarcano sulle nostre coste; come pure un maggiore impegno nella politica estera in Italia e in Europa per ricercare la pace in 35 Paesi del mondo, a partire dalla scelta di sospendere la vendita delle armi in alcuni Paesi.
La vera sicurezza nel nostro Paese e in Europa nasce dalla sicurezza sociale, di tutti. Politiche che precarizzano sempre di più la situazione dei migranti, rendono discrezionale la tutela dei diritti, con misure discriminanti che alimentano solo irregolarità e ci rendono tutti insicuri.