Vivere a Kiev sotto le bombe russe è ogni giorno una scommessa; chi è rimasto, chi non è voluto partire (e sono circa due milioni di persone), lo ha fatto per una scelta consapevole. «Difendere la propria città ed essere in qualche modo utile a tutti gli altri», in un momento tragico della storia. L’intera Kiev è a rischio bombardamenti, «non c’è un solo quartiere della città che sia più sicuro di un altro». A raccontarlo, al telefono dalla città ucraina alla redazione di Popoli e Missione (qui il servizio completo), è il salesiano don Max Ryabukha. In queste ore nella casa di Don Bosco prosegue incessantemente un’attività di soccorso, preghiera e denuncia. «Nella stazione centrale di Kiev ancora si ritrovano sfollati e treni in partenza per altre destinazioni, ma il grande flusso di persone in fuga è diminuito. Adesso chi è in città è qui per rimanere, per essere utile al Paese», spiega. Don Max dice che il da farsi a Kiev è tantissimo, ma le possibilità di spostarsi sono molto limitate e questo crea chiaramente frustrazione, soprattutto ai missionari.
In preghiera da 100 giorni
«Ero abituato a fare tanto e a muovermi tutto il giorno, mi sento come se fossi fermo: quello che nella vita ordinaria facevo in un’ora e mezza ora impiego un’intera giornata per portarlo a termine. Ci sono ostacoli di ogni tipo. Stiamo bene per quanto si possa stare bene in guerra», dice. Il punto fermo da oltre cento giorni, sia per i salesiani che per coloro che ruotano attorno all’Oratorio di don Bosco, resta l’appuntamento serale con la preghiera via Zoom. «Nella nostra comunità salesiana alle otto di sera facciamo la preghiera per la pace con diverse famiglie, sono già 100 giorni che prosegue».
Il fiume frena i russi
Poi don Max entra nei dettagli di una vita quotidiana surreale: una parte di questa vita è fatta dalla costante osservazione delle mappe su Google per seguire l’avanzata dei russi e sperare che non entrino con i carri armati in città. «L’esercito fa fatica ad entrare, anche se si trova solo a pochi chilometri da Kiev – spiega il salesiano -. Il quartiere governativo è nella città antica, sulla sponda destra del fiume, sulle colline, e i russi vorrebbero colpire lì, quello è il principale obiettivo militare, pensiamo». Poi aggiunge: «C’è un problema per loro però: Kiev è divisa a metà da un grande fiume, il Dniepr. E non esiste un modo per fare il giro della città senza passare attraverso il fiume. L’esercito fa fatica a entrare e a chiudere la città, a nord e a nord-ovest, perché i ponti sono saltati». Il rischio bombardamenti è costante però sull’intera Kiev e sulle principali città del Paese, sia a est, sia a ovest.
«In qualsiasi altra guerra non si è mai visto quello che vediamo qui: il bombardamento dei luoghi sacri, per esempio… Bombardano tantissimo dagli aerei, sotto attacco c’è tutto il nord della regione di Kiev, e inoltre sono arrivati dal Mar Nero sulla regione di Leopoli, a 25 km dal confine con la Polonia», conferma il missionario.