«È una catastrofe umanitaria. Gli ospedali stanno diventando sempre più dei cimiteri». Dall’Al-Ahli Arabi Baptist Hospital – gestito dalla Chiesa anglicana e situato nel quartiere Zeitoun di Gaza City – parla uno dei medici del nosocomio dove lo scorso 18 ottobre è avvenuta una strage, con centinaia di morti e feriti, causata da un attacco le cui responsabilità vengono rimpallate da Israele e Hamas. «Molti ospedali della Striscia sono praticamente chiusi – spiega il medico, che chiede di mantenere l’anonimato -. Il personale sanitario cerca di prestare le cure ovunque ci sia spazio a disposizione utilizzando quel che è rimasto di medicine e di presidi medico-sanitari. Manca praticamente tutto anche l’acqua da bere. Abbiamo bisogno di farmaci, antibiotici, anestetici per operare, siringhe, bende, carburante ed energia elettrica per mandare avanti le terapie intensive».
«Morti e feriti non si contano più. È una catastrofe», ripete al telefono. A complicare le cose la mancanza di energia elettrica e di carburante, necessari a far funzionare i macchinari che tengono in vita i pazienti più gravi. «Ci sono moltissimi malati, feriti, tanti sono bambini, che non possono essere trasportati o trasferiti perché sarebbe troppo pericoloso per la loro vita. Hanno bisogno di cure, di ossigeno e quindi di essere trattati in ospedale. Gli israeliani dicono di evacuare e di spostarci verso sud. Dove dovremmo portare queste persone? Dove curarli? Trasferire queste persone significa per loro morte certa. Per questo dico che bisogna che cessino le ostilità subito intorno agli ospedali che stanno diventando ogni giorno di più dei cimiteri».
L’assedio a Al-Shifa
La cronaca di guerra di questi ultimi giorni ruota in particolare intorno a un altro ospedale, al-Shifa, il più grande dell’enclave palestinese dove, secondo quanto riferito da fonti locali, sarebbero morte 32 persone negli ultimi giorni, tra queste anche 3 neonati in incubatrice. Cifre confermate alla Bbc dal direttore del nosocomio Mohamed Abu Selmia, che parla di 600 ricoverati e di 150 cadaveri che non si riesce a seppellire. Morte anche tre infermiere a causa dei bombardamenti e degli scontri armati intorno all’ospedale che Israele sta cingendo d’assedio perché ritiene nasconda basi operative di Hamas.
Combattimenti si registrano anche intorno ad altri ospedali della Striscia come hanno denunciato i direttori regionali dell’Unfpa, dell’Unicef e dell’Oms che chiedono un’azione internazionale urgente per porre fine agli attacchi in corso contro i nosocomi: «Siamo inorriditi dalle ultime notizie di attacchi contro e nelle vicinanze dell’ospedale al-Shifa, dell’ospedale pediatrico Al-Rantissi Naser, dell’ospedale Al-Quds e di altri nella città di Gaza e nel nord della Striscia di Gaza, che hanno causato molte vittime, tra cui bambini. Le intense ostilità che circondano diversi ospedali nel nord di Gaza impediscono un accesso sicuro al personale sanitario, ai feriti e agli altri pazienti. Negli ultimi 36 giorni, l’Oms ha registrato almeno 137 attacchi all’assistenza sanitaria a Gaza, che hanno causato 521 morti e 686 feriti, tra cui 16 morti e 38 feriti tra gli operatori sanitari in servizio».
Israele pronto ad aiutare
L’esercito israeliano, dal canto suo, afferma dai propri canali social, di «fare tutto il possibile per ridurre al minimo i danni ai civili, assistere nell’evacuazione e fornire forniture mediche e cibo. La nostra guerra non è contro il popolo di Gaza». Parole accompagnate da immagini che mostrano le incubatrici per neonati destinate all’ospedale al-Shifa. «Il reparto pediatrico dell’ospedale Shifa di Gaza City ha bisogno di assistenza – spiega nel video una portavoce -. Israele è pronto ad aiutare. Abbiamo fatto un’offerta formale ai funzionari sanitari di Gaza per trasferire le incubatrici nella Striscia di Gaza per assistere il reparto pediatrico dell’ospedale di Shifa. Sono in corso grandi sforzi per garantire che queste incubatrici possano raggiungere i bambini a Gaza senza indugio. La nostra guerra è contro Hamas e non contro il popolo di Gaza».