Le sue radici mediterranee – sefardite, ma più in profondità greche e africane (la mamma era nata in Marocco) – la sua aspirazione alla comprensione tra popoli storicamente divisi, avevano fatto di Abraham Yehoshua, scomparso il 14 giugno all’età di 85 anni, l’icona di una resistenza: quella al male dell’odio basato sull’appartenenza etnica e soprattutto su quella che lui giudicava una ipertrofia della memoria, ostacolo a una pace che tenesse conto del futuro, dei bambini, della possibilità di un mondo nuovo.
Esponente di spicco della cosiddetta New Wave della letteratura israeliana, la sua scrittura si serviva non solo delle radici archetipiche e storiche, ma anche della capacità di narrare il flusso delle generazioni, le differenze come ricchezza, l’indicibile – o quasi – flusso di coscienze e memorie che solo la narrazione può suggerirci, ma non svelare nella sua inestricabile, divina complessità. Anche in Italia Yehoshua era ben conosciuto: aveva peraltro ottenuto prestigiosi premi letterari, come il Grinzane Cavour e il Flaiano ed era spesso ospite del nostro Paese.
Soprattutto Il signor Mani (1989) riesce a narrare il fluire delle generazioni attraverso lo straniamento del punto di vista, articolato di voce in voce, nel tentativo di svelare un mistero, ma in realtà nella narrazione di storie personali che fanno la Storia antropica; mistero che ritorna nella ricerca di un senso familiare e matrimoniale in La sposa liberata (2001) da una terza persona, un padre, che sarà aiutato nella ricerca da arabi, i quali dovrebbero essere i tradizionali nemici e non gli “aiutanti”, secondo gli schemi narratologici, del cercatore di verità. La ricerca di una vita di relazioni autentiche al di là di una memoria troppo profonda che rischia di immobilizzare, come nei personaggi di Musil, Svevo e Pirandello, l’azione liberatrice. Non solo gli esterni dei rapporti tra popoli, perciò, ma anche gli “interni” familiari in cui l’amore rappresenta il punto di svolta, il nodo gordiano, da approfondire per tentarne le nuove possibilità salvifiche, anche qui nonostante le differenze religiose, come nel caso del recente La figlia unica (2021), peraltro ambientato in Veneto.
Un intellettuale umanista che ha guardato al futuro, Yehoshua, sacrificando il rito e la figura vulgata dell’ebreo fisso unicamente sulla Memoria. Costruire era il segno della sua costellazione non solo narrativa.