Giugno 1967, Muro Occidentale di Gerusalemme. All’indomani della Guerra dei Sei giorni, Wiesel vede sfilare migliaia di uomini e donne, «in uno strano raccoglimento». E confusi tra quei volti prendono vita i personaggi di questo romanzo, composto di getto in quell’anno, come un impetuoso flusso di coscienza nel quale si mescolano la realtà e la finzione, la memoria e il desiderio.
«I pazzi muti e i mendicanti sognatori, i maestri e i loro discepoli, i cantori e i loro alleati, i giusti e i loro nemici, gli ubriachi e i cantastorie, i bambini morti e immortali, sì, tutti i personaggi di tutti i miei libri mi avevano seguito per fare atto di presenza e testimoniare al mio posto, attraverso di me!».
In un ritmo incalzante, si intrecciano le memorie della diaspora, la tragedia della Shoah, i combattimenti per Gerusalemme. Sullo sfondo la grande tradizione spirituale ebraica e una Gerusalemme crepuscolare, il cui tramonto «brusco, selvaggio, stringe il cuore per poi calmarlo».
Nato in Romania nel 1928, Elie Wiesel è sopravvissuto ad Auschwitz e Buchenwald. Filosofo e scrittore, strenuo difensore dei diritti dell’uomo, ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1986. Autore di romanzi tradotti in tutto il mondo, nel 1968 con Il mendicante di Gerusalemme ha vinto in Francia il Prix Médicis.
Ma fino ad oggi il romanzo non era mai stato tradotto in italiano.