La vita di sant’Ambrogio illustrata in oltre settanta scene: quello che si dipana sugli stalli lignei del coro della Cattedrale è probabilmente il ciclo artistico più ampio mai realizzato sulla figura del patrono di Milano. Un’impresa colossale, voluta dallo stesso san Carlo come momento fondamentale della sua azione pastorale e liturgica, e ultimata nel 1614, quattro secoli fa.
Il Duomo di Milano, infatti, fu per il vescovo Borromeo un vero e proprio laboratorio dove attuare le riforme scaturite dal Concilio di Trento, tanto da diventare un tempio-modello per l’intero mondo cattolico. San Carlo, in particolare, concentrò la sua attenzione sull’area del presbiterio, che fece sopraelevare e “isolare”, rendendola una sorta di Sancta Sanctorum della cattedrale, “cuore” di tutte le celebrazioni.
In questo contesto si pensò di realizzare anche il nuovo coro ligneo, destinato in primo luogo ai canonici del Duomo, principali collaboratori dello stesso arcivescovo. E fu il Borromeo in persona a volere che questo ambiente fosse ornato proprio con gli episodi della vita di Ambrogio, il santo di cui era il successore alla guida della diocesi di Milano e con il quale sentiva di avere molto in comune, sia per la sensibilità spirituale sia per la cura verso quel popolo che gli era stato affidato.
I lavori iniziarono nel 1567 e vennero subito assegnati a Pellegrino Pellegrini, architetto di fiducia di san Carlo. Di formazione romana, portatore di una visione artistica classica di stampo post-michelangiolesco, Pellegrini progettò per il Duomo un coro grandioso e monumentale, simile per impostazione a quello già messo in opera nella chiesa milanese dei barnabiti, ma con ben altra imponenza, ricco di elementi decorativi – mascheroni, modanature, figure simboliche – che si ritrovano anche negli altri suoi cantieri ambrosiani e che diventeranno tipici dello <stile> propriamente borromaico.
Al Pellegrini si devono anche i disegni della maggior parte delle scene rappresentate sugli stalli. Si tratta di “bozzetti” – in parte oggi conservati alla Biblioteca Ambrosiana – che Francesco Brambilla modellò in terracotta, per valutarne l’effetto “tridimensionale”, e che artigiani specializzati, a cominciare da Paolo de’ Gazi, intagliarono con straordinaria perizia in blocchi di legno di noce, “scuriti” e lucidati per dare loro l’apparenza del bronzo. Un lavoro complesso, che richiederà quasi cinquant’anni per essere completato. Alla fine del Cinquecento, infatti, pittori come Aurelio Luini e Camillo Procaccini furono chiamati a realizzare le ultime scene, che vennero così “incastonate” all’indomani della canonizzazione di san Carlo.
Il risultato è di straordinaria bellezza. Le figure, vigorose e plasticamente robuste, si stagliano dallo sfondo con eccezionale vivezza, con i personaggi in primo piano modellati quasi a tutto tondo, in un efficace gioco prospettico. Talmente accurati, il disegno e l’intaglio, che dalle scene emergono non solo la gestualità e l’azione dei fatti rappresentati, ma persino i sentimenti e le emozioni.
La Vita di Ambrogio, scritta attorno al 420 da Paolino di Milano (segretario personale del santo vescovo), è la fonte principale da cui sono tratti questi episodi rappresentati nel coro della Cattedrale. Integrata da un’altra Vita del patrono milanese, redatta nel IX secolo, con l’aggiunta di diversi elementi leggendari o legati alle tradizioni sviluppatisi nel tempo, anche in ambito orientale.
Ma san Carlo stesso, probabilmente, selezionò per quest’opera alcuni momenti della vita di Ambrogio, che considerava particolarmente esemplari e ben corrispondenti al suo tempo. È il caso, ad esempio, del confronto fra il vescovo e l’imperatore Teodosio, che occupa ben otto formelle e che richiama direttamente il difficile rapporto fra il Borromeo e il governo spagnolo.
Ma, soprattutto, di sant’Ambrogio si volle evidenziare nel coro del Duomo la sua cura pastorale, l’attenzione per la formazione del clero, la pietas, la prossimità con gli ultimi e i bisognosi. Aspetti, infatti, che caratterizzarono anche tutto l’episcopato dello stesso san Carlo.
L’antico coro ligneo del Duomo di Milano, nella Cappella feriale (destinata alle celebrazioni e alla preghiera), è «un’opera di grande valore artistico ma poco nota a motivo della sua collocazione che non consente ai fedeli e ai turisti una meditata fruizione», come osservava già vent’anni fa mons. Majo. Bisognerà allora sfruttare le occasioni di visite guidate in questo luogo. Info su www.duomomilano.it