«Vedere Ambrogio». C’è un episodio nella prima biografia del patrono di Milano, la Vita Ambrosii del diacono Paolino, che potremmo considerare l’inizio di un desiderio, di una possibilità oltre l’impossibile: quella di poter vedere sant’Ambrogio, di poter fissare il volto di questo personaggio che ha fatto non solo la storia di Milano, ma che ha segnato la storia stessa dell’Occidente dal punto di vista religioso e politico nei rapporti tra l’autorità dello Stato e l’autorità della Chiesa. Senza contare il significato che la figura di Ambrogio ha avuto e ha tuttora per la città di Milano, a tal punto che – caso forse unico – l’aggettivo derivato dal nome della città (“milanese” da Milano) finì con il coincidere praticamente con l’aggettivo derivato dal nome del suo patrono (appunto “ambrosiano” da Ambrogio).
Ebbene, narra il biografo Paolino che dopo la morte di Ambrogio (avvenuta nelle prime ore del sabato santo 4 aprile 397), il suo corpo venerato venne esposto nella cattedrale della città, dove nella notte seguente si sarebbe celebrata la veglia pasquale e sarebbero stati amministrati i battesimi. Sembrava che la morte avesse sottratto per sempre il grande Ambrogio ai suoi milanesi, che non sarebbe stato più possibile vederlo guidare, istruire, nutrire con la parola e gli insegnamenti, benedire, difendere i suoi fedeli e la sua città, così come aveva fatto per 23 anni, da quell’ormai lontano 7 dicembre 374, quando l’allora governatore era stato inaspettatamente eletto vescovo in maniera quasi miracolosa e imprevedibile. E invece ecco che si verificò un fatto altrettanto miracoloso e imprevisto. I fanciulli appena battezzati, mentre tornavano dal fonte battesimale, entrando nella basilica videro Ambrogio ancora vivo, seduto in cattedra, e lo additavano ai loro padrini; ma questi non potevano vederlo perché non avevano gli occhi così puri come quelli dei fanciulli neobattezzati.
Sotto la narrazione del miracolo troviamo in realtà la trasmissione di un messaggio al contempo simbolico e reale: la perenne presenza di Ambrogio nella sua Chiesa e nella sua città. Una presenza che va oltre la morte e che ci richiama il singolare rapporto di Milano e del suo territorio (non solo fisico, ma anche e soprattutto culturale) con il santo patrono.
Come quei bambini, anche noi oggi, grazie alle pagine brillantemente e sapientemente redatte da Luca Frigerio, appassionato e appassionante indagatore delle bellezze artistiche delle terre ambrosiane, possiamo “vedere Ambrogio”, riviverne la vita, le opere, l’attività apostolica e magisteriale, la sua influenza politica: e tutto questo attraverso una galleria di immagini che rendono presente Ambrogio lungo i secoli, e che dimostrano come sia stato un soggetto ricercato da artisti notissimi oppure ignoti, ma tutti affascinati dalla sua autorevole e molteplice figura.
E così possiamo “vedere Ambrogio” come vescovo e predicatore; come studioso delle Sacre Scritture e pastore amorevole del suo popolo; ma possiamo anche vederlo trasfigurato nella leggenda a cavallo e con lo staffile in mano (suo distintivo iconografico tradizionale) difendere la religione cattolica contro gli ariani o difendere Milano e le sue libertà civili e religiose contro i nemici. E se la frusta in mano a un vescovo ci sembra forse inopportuna, ecco che possiamo “vedere Ambrogio” con un altro, più raro ma altrettanto significativo, elemento iconografico: un favo di miele. Se lo staffile richiama la chiarezza sferzante del santo nel difendere la retta fede e nel difendere i suoi fedeli, il miele richiama la dolcezza nutriente dei suoi scritti e la dolcezza paterna del suo affetto di pastore.
Insomma: «Vedere Ambrogio». Vedere e scrutare innanzitutto il suo volto, così come le varie epoche storiche e le varie correnti artistiche lo hanno immaginato e interpretato; ma attraverso le immagini di questo nuovo volume e i commenti dell’autore, dal volto è possibile scendere al cuore di Ambrogio e scoprirne gli affetti, i sentimenti, il pensiero, le disposizioni spirituali. Appunto: “il volto e l’anima”, come recita il sottotitolo di questa pregevole iniziativa editoriale, che vorremmo raccomandare come indispensabile per ogni autentico ambrosiano. E non solo.