Sembra fuori dal tempo, l’area delle Cascine Abbadesse, a pochi passi dalla trafficata Melchiorre Gioia. Con la chiesetta rococò e le vecchie corti, per lo più ristrutturate. Un angolo suggestivo e nostalgico di una Milano sparita, rurale, che è sopravvissuto nonostante tutto, con tenacia e caparbietà. Sfruttando anche il suo essere nascosto, paradossalmente appartato, all’ombra della metropoli bulimica.
Ma per sopravvivere, e rinascere, c’è bisogno di chi si prenda cura. In questi anni, la piccola chiesa dei Santi Carlo e Vitale alle Abbadesse, che fa parte della parrocchia salesiana di Sant’Agostino, è stata restaurata e sistemata, grazie anche a generosi benefattori. La Santa Messa vi si celebra ogni domenica alle 11 e un gruppo di amici si fa promotore di iniziative ed eventi, per tenere desta l’attenzione attorno a questo luogo sacro, denso di memorie.
Domenica prossima 9 febbraio, in particolare, si terrà un concerto di «Armonia Ensemble», giovani musicisti che fanno parte dell’Ucai di Milano, per promuovere il restauro di un pregevole altorilievo ottocentesco che raffigura la «Deposizione di Cristo»: l’appuntamento è alle 16 in via Oldofredi, 14. Di norma, comunque, la chiesa è aperta al pomeriggio della prima domenica del mese, con visite guidate alle 16.
«Abbadesse» è toponimo evocativo: relativamente a queste cascine, sorte ai Corpi Santi di Porta Nuova, lo si trova già in documenti medievali, riferito forse a una dipendenza dal monastero milanese delle agostiniane. In epoca borromaica nasce in loco una Compagnia della Santa Croce. Con l’appoggio dei nobili Marliani, la Compagnia poté dotarsi di un oratorio, che nelle forme attuali risale al primo quarto del XVIII secolo.
Il tempio, a navata unica, conserva all’interno i gradevoli affreschi del 1724 di Pietro Maggi, uno dei pittori lombardi all’epoca più ricercati. Entro cornici modanate, sulle pareti laterali sono raffigurati il piccolo Tobia con l’angelo e, di fronte, san Rocco; Maddalena in penitenza e san Francesco mentre riceve le stimmate; il trapasso di sant’Andrea Avellino e san Carlo in preghiera davanti al Crocifisso. Un repertorio piuttosto diversificato, che doveva rispondere alle esigenze devozionali dei committenti.