«Mozart ha nella preghiera l’atteggiamento del bambino», osservava Adrienne von Speyr: «Dice tutto e ciò gli ritorna in melodia. Non c’è differenza fra il suo essere al pianoforte e il suo pregare. La musica serve a offrire all’uomo un’esperienza di preghiera».
Che la vita del genio salisburghese sia stata “burrascosa” è cosa nota. E ciò nonostante Wolfgang Amadeus Mozart fu sempre mosso da un autentico senso religioso, riconoscente a Dio per quel talento straordinario che gli era stato concesso e che, evangelicamente, aveva saputo mettere a frutto. Per questo, in un tempo in cui la superficialità musicale del “bello stile” si imponevano non solo nelle corti ma anche nelle cattedrali d’Europa, molte delle composizioni di Mozart riflettono invece una profonda, consapevole professione di fede.
Come nel suo magnifico Requiem, ultimo e incompiuto capolavoro che verrà eseguito a Milano giovedì prossimo 5 dicembre, nel giorno cioè in cui si ricorda la morte di Wolfgang Amadeus, con un concerto promosso dalla sezione milanese dell’Associazione Mozart Italia. Un evento che si terrà, significativamente, presso la chiesa di San Marco, il luogo dove lo stesso compositore austriaco abitò durante il suo soggiorno ambrosiano.
Non aveva ancora compiuto il suo quattordicesimo compleanno, infatti, quando Wolfgang Amadeus Mozart giunse per la prima volta a Milano. Era il 21 gennaio 1770, e il padre Leopold che lo accompagnava si aspettava molto da questo viaggio in Italia. Nel capoluogo lombardo, del resto, la vita musicale vi ferveva intensa in quegli anni: nei salotti aristocratici si tenevano accademie in cui si esibivano, di volta in volta, onesti dilettanti e grandi virtuosi, mentre il teatro ducale metteva in scena le opere dei più importanti autori dell’epoca. Senza contare che proprio a Milano operava uno dei più autorevoli compositori di musica strumentale, quel Giovan Battista Sammartini che, ormai settantenne, era stato maestro di più di una generazione di musicisti, italiani e stranieri.
In città i Mozart presero alloggio nel convento agostiniano di San Marco, vicino a quel palazzo Melzi dove risiedeva il conte Carlo di Firmian, ministro plenipotenziario di Lombardia, salisburghese egli stesso per educazione, mecenate delle arti e grande appassionato di musica. Proprio in casa Firmian, infatti, il 7 febbraio, Mozart si esibì per la prima volta davanti ad un pubblico milanese.
Per Wolfgang quella serata fu un vero trionfo, e il severo esame dei musicisti milanesi, a cominciare dallo stesso Sammartini, si risolse con un aperto riconoscimento delle grandi qualità del giovanissimo artista, cosicché, al termine dell’esibizione, lo stesso Firmian volle onorare Mozart con l’omaggio delle opere complete di Metastasio. Un regalo che può forse far sorridere, se si pensa allo scarso piacere che un ragazzo di quattordici anni, non del tutto padrone della lingua italiana, poteva trarre da una tale lettura, ma che in realtà rappresentava un esplicito gesto simbolico, essendo Metastasio il principe riconosciuto dei librettisti.
Qualche giorno dopo, infatti, il padre Leopold poteva stringere commosso tra le sue mani la tanto attesa scrittura per un’opera da rappresentare al teatro ducale, nientemeno che in occasione della serata inaugurale: Mitridate re del Ponto, in una traduzione fatta dal Parini dell’omonima tragedia di Racine.
I concerti milanesi di Mozart si ripeterono nei giorni succesivi, sempre nel palazzo Melzi, alla presenza delle più importanti famiglie dell’aristocrazia milanese e dello stesso arcivescovo di Milano, il cardinale Pozzobonelli, uomo di raffinata cultura.
In marzo i due Mozart lasciarono il capoluogo lombardo, ma solo per tornarvi pochi mesi dopo, nell’ottobre dello stesso anno, questa volta ospiti dell’impresa del Ducale, che assegnò loro un alloggio in pieno centro, vicino al teatro stesso, da dove Wolfgang poteva continuare la stesura dell’opera commisionatagli e nello stesso tempo assistere e partecipare all’animata vita della città, che egli andava scoprendo con gli occhi incantati dell’adolescenza.
«Questo ragazzo ci farà dimenticare tutti», aveva commentato il grande compositore Johann Adolph Hasse, rivolgendosi ai suoi colleghi già affermati, la prima volta che aveva avuto occasione di ascoltare Mozart a Milano. Quasi un oracolo.