«È una storia antica come l’umanità. Con la pace si guadagna sempre. Forse poco, ma si guadagna. Con la guerra si perde tutto, tutto. I cosiddetti guadagni sono perdite». Così papa Francesco nel dialogo in studio durante la puntata speciale «La forza della vita» di «A Sua Immagine» andata in onda domenica 4 giugno su Ra1. L’incontro, che papa Francesco ha organizzato personalmente attraverso don Marco Pozza, è stato un momento storico perché per la prima volta un Pontefice si è recato ospite in un programma tv.
La trasmissione, condotta da Lorena Bianchetti e firmata da Gianni Epifani e Laura Misiti, è nata nel 1997 dalla collaborazione tra Rai e Cei. Nel corso del dialogo con la conduttrice e gli ospiti in studio, il Papa si è soffermato tra l’altro sul tema della gratuità, sottolineando che «siamo male abituati. Il Signore è stato tanto buono con noi, che ci ha abituati ad avere il senso della gratuità e noi vogliamo tutto gratis. Tutto gratis. E la gratuità è una cosa molto grande di Dio, che ci ama gratuitamente. Ma noi dobbiamo dare il nostro, sviluppando le nostre cose. In questo c’è lo sforzo che si deve fare sempre. Nessuno può dare gratuitamente, se non ha l’esperienza di guadagnare quella gratuità».
Sul Giubileo del 2025 e su come la trasmissione nata dalla collaborazione tra Rai e Cei possa seguirlo, il Papa ha indicato: «Il Giubileo è avvicinare tutti fra noi e con Dio, per sciogliere i problemi e aiutare a risolvere e perdonare. Una delle cose più belle della gente è imitare Dio in questo: che perdona, che non ha rancore dentro. Imparare a perdonare come fa Dio con ognuno di noi».
«I media aiutino a fare amicizia»
«I media devono aiutare a trovarsi, a capirsi, a fare amicizia. A mandare via i diavoletti che rovinano la vita della gente. Questa è la positività. Non è soltanto parlare di religione. Certo, si può parlare di Dio. Ma anche custodire l’umanità, l’umanesimo», ha detto il Papa.
Quanto alle difficoltà relazionali, il Santo Padre ha parlato del complesso del pavone: «Non so se questa categoria esiste in psicologia. Quello che non fa il pavone, si sente poca cosa. E c’è quell’uomo, quella donna che tutti i giorni va a lavorare, progredisce e poi è capace di acquistare una casa e fare una famiglia. Nessuno di loro fa il pavone. Ma quelli che sono un po’ superficiali, cadono nella tentazione del pavone. Cercano di apparire, di fare finta di… e questa non è la strada. Finirai male come tutti, no? Come tutti coloro che non giocano sulla vera strada. La vita è per viverla, non per fare il maquillage».
«Non ci sono parole per il dolore, soltanto i gesti e il silenzio»
“Mi viene in mente la parola di Dio nella Genesi. Con il sudore lavorerai la terra, con il dolore partorirai i figli. È interessante. Non perché al Signore piace che noi soffriamo, ma è un po’ la legge dell’armonia del rifare. Secondo la narrazione biblica è stato tutto bello, poi il peccato originale ha disfatto tutto. E Dio dice: “Va bene, io non ti condanno ma rifà”. E è qual è il risultato? Il dolore e la fatica? No, è quello che fai. E con questo il Signore ci ha messo come protagonisti del progresso, del destino e di tutto». Papa Francesco ha anche messo in guardia dalle cose che si comprano: «Se tu hai la possibilità di avere tutto a causa tua, perdi la grazia di essere co-creatore. La grazia di fare una famiglia, di portare avanti i figli, di prendere la saggezza dei vecchi. Questo è il lavoro, ma il lavoro è al centro dell’umanità».
Quindi l’incontro in studio con Serena e Matteo, la coppia di giovani genitori che hanno incontrato il Papa al Gemelli in occasione del suo ricovero e che si sono affidati al suo abbraccio nel momento della morte della loro figlia: «Ho trovato la bambina il giorno prima, ancora viva. Ma si sapeva che la vita stava finendo. E poi per caso ho incontrato i genitori all’uscita del Gemelli». Nei momenti di sofferenza, «mi muove un senso di tenerezza, di voler accompagnare il dolore. Perché anche io sono stato accompagnato nel momento di dolore. È una cosa che ho imparato, quando ho avuto quella malattia a 21 anni. Davanti al dolore, valgono soltanto i gesti: le parole non servono. Quando venivano le zie a dirmi “Vai, coraggio che andrai bene”, questo mi faceva più male che bene. Non ci sono parole per il dolore, soltanto i gesti e il silenzio. Per accompagnare il dolore, per capire il dolore, soltanto il gesto: prendere per mano e stare vicino all’umanità».
«Chi non è mite è uno sconfitto»
«La malvagità è una delle possibilità della persona. Ci sono bambini che sentono il piacere nel torturare. Lo stiamo vedendo con la guerra, nei filmati di guerra. Tanti soldati che torturano i soldati ucraini. Lo stiamo vedendo, ho visto i filmati. C’è un piacere e questo alle volte succede con i ragazzi, no?». Nello studio di «A Sua Immagine», papa Francesco si è confrontato anche con il tema del bullismo. I genitori devono crescere i figli «con l’affetto, con un abbraccio. Far sentire che la dolcezza, l’amore è più forte di quella aggressione. Non c’è via di uscita. O scegliamo la via dell’amore e della tenerezza, o la via dell’indifferenza. Accarezzare, accarezzare i figli. E questo è un compito che va più ai nonni che ai genitori. I nonni che accarezzano. Un bambino sente il linguaggio della carezza, dei gesti che fanno bene. E questa sarà proprio la difesa davanti ai gesti che fanno male, quando è vittima. O sarà la difesa, almeno il pensiero e il ricordo, quando un ragazzo fa l’azione di aggredire e di fare il male». Per il Pontefice, i bulli «fanno finta di essere vincitori, ma è una vittoria finta. È una vittoria sul dolore degli altri. La vera vittoria è armoniosa, non è aggressiva, ma è mite. Oggi non si si educa tanto alla mitezza, perché si fa intendere che essere mite è essere stupido. No, la mitezza ha una forza grande. Chi non è mite non è un vincitore, è uno sconfitto perché non è capace di carezzare».
«La Madonna ha sempre il dito verso Gesù»
«Qual è lo stile di Dio? Sono tre parole: vicinanza, compassione e tenerezza. Dio è vicino, compassionevole e tenero. Se noi andiamo su questa strada di essere vicino l’uno all’altro, di avere compassione davanti al dolore degli altri, di essere teneri; se impariamo ad accarezzare con compassione e vicinanza siamo molto vicini a Dio. Non dimenticare: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza». Questo l’ammonimento di papa Francesco durante la trasmissione.
Il Pontefice ha ricordato la nonna, che per la prima volta gli ha parlato di Maria: «La nonna parlava di San Giuseppe e della Madonna. Al centro c’era sempre Gesù. La Madonna è quella che ci ha portato Gesù e Giuseppe quello che ha custodito Gesù. Queste cose mi sono rimaste in mente. La Madonna è uno strumento. E l’altro, l’uomo buono che ha custodito Gesù. Così la nonna mi insegnava». Quanto al tema delle apparizioni mariane, la precisazione del Santo Padre: «È uno strumento della devozione mariana che non sempre è vero. Delle volte sono immagini della persona. Ci sono state apparizioni vere della Madonna, ma sempre col dito puntato verso Gesù. Mai la Madonna ha attirato a sé quando è vera. Mai. Ha sempre segnalato Gesù. Come ha detto nelle nozze di Cana: “Fate quello che egli vi dirà”. E questa è la Madonna. A me piace vederla così, segnalando Gesù. Quando una devozione mariana è incentrata troppo su se stessa, non è quel dito e non va bene. Non va bene sia nella persona che ha la devozione, sia in coloro che la portano avanti».
Educare i figli con «le carezze e i limiti»
«L’inquietudine è una grazia. Una delle prime cose che il Signore fa quando si avvicina a noi è mettere il cuore inquieto. Io ho paura delle persone che hanno il cuore quieto. L’inquietudine è quella che ti fa capire che ci sono altre cose oltre te stesso. Io ho paura dei cuori quieti», ha detto il Papa nel dialogo in studio. Quanto all’educazione dei figli, Francesco ha invitato a «dare le cose positive, le carezze e i limiti. Educare nei limiti. Se a un ragazzo o a una ragazza, a un bambino o a una bambina lo fai crescere senza limiti stai facendo un male. Hanno bisogno della carezza, del sì dell’amore ma anche del no dell’amore».
«Io in confessione quando viene una persona, domando sempre se gioca con i figli quando vedo che sono giovani. Ricordo una volta – ha proseguito il Papa – un uomo che mi disse: “Eh, magari io potessi; esco di casa per il lavoro quando stanno dormendo e torno quando stanno dormendo”. Anche la vita di oggi rende schiavi. Ma la gratuità con i figli? Giocare con i figli? Questa è la pedagogia della gratuità. Educare i figli nella gratuità che conosce i limiti. Non è facile, ma tutti i genitori sanno farlo e possono farlo. Perché è la grazia della genitorialità». Per il Pontefice, «il maestro non invade mai. Non seduce mai. Attira. Ti fa sentire bene. E ti mette dei limiti. Un maestro che soltanto ti attira e ti dà delle caramelle non va bene. Il maestro è quello che ti fa camminare, ti aiuta a camminare, ma non cammina per te. Ti dice il limite direttamente e ti rimprovera. Un papà e una mamma, che mai hanno rimproverato un figlio, non funzionano».