Sarà presentato lunedì 1 ottobre, alle 18.30, presso l’Auditorium del Museo dei Beni culturali cappuccini (via Antonio Kramer 5, Milano), Vite meravigliose, il nuovo libro di monsignor Paolo Martinelli, nel quale il frate minore cappuccino e Vescovo ausiliare di Milano racconta le storie di alcune donne e uomini cristiani, che hanno vissuto la fede come esperienza di verità. Dopo i saluti iniziali di fra Sergio Pesenti (Ministro Provinciale della Lombardia per i frati cappuccini), l’autore dialogherà con Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa
«“La santità è il volto più bello della Chiesa”. Con queste parole luminose papa Francesco ha parlato dei santi nella sua recente esortazione apostolica Gaudete et exsultate. La vita vissuta alla sequela di Cristo secondo il Vangelo è davvero la cosa più bella che esiste nel popolo santo di Dio». In queste parole tratte dall’introduzione, monsignor Martinelli spiega il perché di Vite meravigliose (Edizioni Terra Santa, 248 pagine, 16 euro).
Una vita vissuta secondo il Vangelo è la cosa più bella che esista e in questo testo monsignor Martinelli, già professore ordinario di Teologia degli Stati di vita all’Istituto Francescano della Pontificia Università Antonianum, racconta le storie di Francesco d’Assisi, Teresa di Lisieux, Luigi Maria Grignion de Monfort, Charles de Foucauld, Adrienne von Speyr, Paolo VI. In costoro l’unità tra la vita personale e la propria fede si è potuta realizzare con semplicità e potenza.
Spiega monsignor Martinelli: «Davvero il cristianesimo si comunica per attrattiva e non per proselitismo, come ci ricordano papa Francesco e Benedetto XVI. Ciò che attrae il cuore dell’uomo è la bellezza della santità. Ma quando si parla di santità non si deve intendere innanzitutto qualche cosa di distaccato e di estraneo alla vita. Il Concilio Vaticano II ci ha richiamato radicalmente al fatto che c’è una vocazione universale alla santità di tutti i fedeli, ossia alla pienezza dell’amore; anzi, in un certo senso la vocazione dell’uomo è una sola, quella divina».
In questo testo che raccoglie una serie di contributi, in parte già apparsi e in parte inediti, l’autore guarda a questi santi, alla loro vita e ai loro scritti, non per soffermarsi su particolari eclatanti della loro esistenza o per sondarne gli stati interiori, ma per cogliere quale «parola» Dio ci abbia voluto comunicare con il dono della loro vita. «Se, dunque, la santità è la vocazione di tutti, come comprendere il senso di coloro che per la loro vita vengono indicati come beati e santi?», si interroga l’autore, che è anche Consultore della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. «I santi canonizzati sono come degli indicatori per tutto il popolo santo di Dio. Infatti la santità è una delle “note” della Chiesa. Guardando un santo dovremmo riconoscere in lui un radicale richiamo al nostro battesimo e alla nostra vocazione alla santità. Per questo il santo si presenta a noi come un uomo, come una persona che non fugge dalla realtà, ma che vuole portare la realtà al suo Signore; il santo è un uomo che ha riconosciuto in Gesù il senso della vita, colui per il quale vale la pena vivere e dare la vita. Il santo si presenta a noi come parte di un popolo, del popolo che appartiene al Signore; è tratto dal popolo ed è mostrato al popolo perché sia per tutti segno dell’ideale a cui tutti siamo chiamati. I santi e sante di Dio sanno, poi, che Dio è tutto e che tutto è grazia».
La «parola» che Dio ci comunica con il dono della loro vita non si aggiunge alla rivelazione cristiana, ma ne dispiega le profondità indicandoci modalità di sequela di Cristo significative nei diversi contesti culturali e sociali, lungo la storia.