Una Via Crucis contemporanea. Reale e straziante, come nella tradizione dei Sacri Monti alpini, con le loro cappelle popolate di figure pulsanti nei gesti e nei volti. Ma, in questo caso, ancora più lirica perché avvicinata ai tempi moderni. Ambientata in scenari che sono quelli della vita attuale, scorci di città tetre dal cuore metallico, tecnologiche e inespressive davanti ai drammi di una tragedia universale.
Luigi Timoncini, maestro della grafica, esistenziale nelle mani che incidono con antica sapienza, presenta un ciclo recente di lavori dove l’iconografia classica della Via Crucis si piega a una narrazione odierna, in cui le quattordici stazioni della “via dolorosa” sono tappe di una marcia quotidiana, fotogrammi di un “film”, come lo definisce l’autore, che ci riguarda tutti. Protagonisti o spettatori di un evento che riassume la storia dell’uomo, il suo cammino faticoso.
A scandire ogni sosta, ogni caduta, nelle immagini ferite da colpi di luce improvvisa che sciolgono il segno netto dell’acquaforte e i suoi reticolati fitti, sono elementi ricorrenti; parabole, antenne, macchine da presa, cavi elettrici e grandi fari da palcoscenico. Come a dire che ogni nostra azione, anche la più intima e fragile e sofferta, è violata dallo sguardo degli altri, da un Grande Fratello che registra moti e sentimenti, che non rispetta lo spazio del dispiacere, il silenzio dell’abbandono.
I fogli algidi e, insieme, violenti di Luigi Timoncini sono un monito al riguardo, alla pietà, un invito ad abbassare gli occhi garbatamente davanti al sacrificio.