Nel Duomo di Milano tutto è imponente e maestoso. E di conseguenza anche il suo organo, che risulta il più grande in Italia e tra i maggiori nel mondo: 15.800 canne di varia lunghezza (nove metri la più alta, pochi centimetri la più corta), 5 consolles (dotate complessivamente di ben 12 tastiere), 180 registri (con oltre tremila combinazioni). Un apparato impressionante, costruito ottant’anni fa grazie alla collaborazione fra due delle più illustri ditte organarie d’Italia – Mascioni di Cuvio e Tamburini di Crema – che, come ci conferma l’organista titolare, il maestro Emanuele Carlo Vianelli, lo hanno dotato di un timbro unico e inconfondibile, una “voce” tutta italiana nel panorama mondiale della musica organistica, di grande “dolcezza” e armonia.
Da allora questo straordinario strumento è fedele accompagnatore delle celebrazioni liturgiche nella cattedrale, come anche protagonista di continui eventi musicali di livello internazionale. Ma oggi ha urgente bisogno di essere restaurato: il progressivo cedimento dei rivestimenti dei mantici, infatti, non garantisce più il giusto afflusso d’aria alle canne, che a loro volta necessitano di un’accurata pulizia. Allo stesso modo, la vetustà generale delle guarnizioni in pelle pregiudica il buon funzionamento dei tasti, che di fatto, in diversi casi, al momento attuale non possono essere utilizzati nel loro insieme. Per non parlare dei naturali fenomeni di usura e ossidazione delle componenti elettromeccaniche.
Monumentale l’organo e di conseguenza anche il preventivo per il suo ripristino: la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, infatti, ha stimato in oltre un milione di euro la spesa per l’intervento complessivo, che richiederà lo smontaggio di tutte le sue parti e il rifacimento integrale di buona parte delle apparecchiature. Senza contare che il restauro, che avrà la durata di tre anni e che partirà dopo l’estate, interesserà necessariamente anche le ante e le casse lignee che sono decorate con un antico e prezioso ciclo pittorico.
Proprio per far fronte a questa emergenza è stata promossa la campagna “15.800 note per il Duomo”, facendo appello alla sensibilità di enti pubblici, fondazioni e aziende per raccogliere i fondi necessari; ma anche rivolgendosi alla generosità di tutti coloro che hanno a cuore la storia e il futuro della cattedrale ambrosiana. Donando una cifra a partire da 50 euro, infatti, sarà possibile entrare a far parte dell’Albo dei donatori della Veneranda Fabbrica, con la possibilità di ricevere tre inviti validi per due persone per partecipare ai concerti d’organo nel Duomo di Milano (informazioni sul sito, interamente rinnovato, www.duomomilano.it o telefonando al numero verde 800.528477).
Il grandioso e moderno complesso fonico del Duomo, d’altra parte, è l’erede di una lunga e ricca tradizione, che affonda le sue radici nelle origini stesse della cattedrale milanese. Già nel 1395, infatti, tale frate Martino de’ Stremidi venne incaricato di costruire un nuovo organo (il che fa presupporre, evidentemente, che ne esistesse almeno un altro più antico…). Settant’anni più tardi fu poi lo stesso duca Francesco Sforza a chiedere ai fabbricieri di dotare il Duomo di uno strumento più moderno, affidandosi alle arti di Bernardo d’Allemagna, artigiano di evidente provenienza tedesca: un organo grosso che, tuttavia, non convinse gli esperti collaudatori appositamente interpellati (e di cui ci sono stati tramandati perfino i nomi: fra’ Giovanni da Mercatello e Costantino da Modena), tanto che ancora nel 1508 dovette porvi mano il nipote del teutonico organaro, Leonardo.
Nel frattempo l’organo trecentesco non era stato affatto abbandonato, ma anzi ristrutturato da un Bartolomeo appartenente alla più illustre delle casate che mai ebbero a che fare con tali strumenti: gli Antegnati. Nel 1552 l’appalto per la nuova macchina musicale fu così assegnato a Gian Giacomo che mise a punto un organo di dimensioni eccezionali per l’epoca, ma che proprio per questo, probabilmente, andò incontro a diverse peripezie, sia durante la costruzione, sia a lavoro finito.
Negli ultimi mesi dell’episcopato di san Carlo Borromeo, nell’ambito di una risistemazione generale della cattedrale, fu quindi decisa la realizzazione di un nuovo organo, da porre nella cantoria meridionale, in “contrapposizione” a quello antegnatesco, che era stato collocato nella cantoria settentrionale: impresa che a Cristoforo Valvassori costò vent’anni di lavoro, ma che gli fruttò anche un compenso principesco (oltre trentamila lire dell’epoca!).
Si giunse così alla grande impresa negli anni Trenta del secolo scorso, con lavori di messa a punto nel dopoguerra e di ristrutturazione dopo il consolidamento dei pilastri della cattedrale. Ma oggi non si tratta di fare dei semplici interventi di pulitura: il grande organo del Duomo deve essere davvero salvato. Con il contributo di tutti, perché musica e armonia continuino a risuonare ai piedi della Madonnina.