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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Cultura

L’Ambrosiana ha voglia di tornare a mostrare i suoi capolavori

Il prefetto monsignor Marco Ballarini presenta i più importanti tesori conservati dalla prestigiosa Istituzione e racconta la sfida posta dalla pandemia: «Tra chiusura forzata e apertura a singhiozzo i danni economici sono stati ingenti, ma la speranza di ricominciare non è mai venuta meno»

di Annamaria BRACCINI

9 Agosto 2020
Monsignor Marco Ballarini

Ne ha passate tante in più di 400 anni, da quando – era il 1609 – quell’uomo «raro in tutti i tempi» che fu il cardinale Federico Borromeo volle fondarla con il nome di Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana. Lo stesso che ha sempre mantenuto e che oggi campeggia anche nella dicitura della fermata Cordusio di tram, bus e metropolitana. L’Ambrosiana è uno scrigno unico che intreccia bellezza e storia, cultura del passato e del presente, perché tra i capolavori della Pinacoteca e il patrimonio della Biblioteca, soprattutto di manoscritti, nell’Aula di lettura gli studiosi non mancano mai. Tra loro, anzitutto, i sei sacerdoti che formano il Collegio dei Dottori, lavorando a tempo pieno. A capo del Collegio è il Prefetto, attualmente monsignor Marco Ballarini, responsabile anche della Classe di Studi di Italianistica e docente in Facoltà teologica dell’Italia settentrionale: il 26mo Prefetto dalla fondazione, in questi mesi alle prese con una sfida in più, la pandemia: «Anche noi, come tutti i musei, siamo rimasti chiusi per parecchi mesi proprio mentre le cose stavano andando davvero bene», racconta.

Quindi anche un grave danno economico. Ora turisti e visitatori stanno tornando?
Purtroppo non abbiamo un Giuseppe che ci accompagni con i suoi sogni premonitori. Dopo l’anno di Leonardo, davvero eccezionale da tanti punti di vista, la pandemia ci ha costretti alla chiusura forzata prima e a un’apertura a singhiozzo poi. Almeno per la Pinacoteca, perché la Biblioteca (dove l’ingresso è gratuito) si è subito affollata di studiosi. Questo ci ha costretti a pensare a nuovi orari, ridotti, ma in grado di intercettare il pubblico locale, e a nuove iniziative che potessero magari stimolare il desiderio di tornare a visitare l’Ambrosiana. Qualche turista straniero ora si affaccia timidamente, ma si tratta di una percentuale minima, mentre prima costituivano addirittura la maggioranza. Il danno economico è davvero ingente, ma la speranza e la voglia di ricominciare non sono per nulla morte.

Qual è la struttura dell’Istituzione?
L’Ambrosiana è guidata da due organismi fondamentali: il Collegio dei Dottori – presieduto dal Prefetto – che si occupa fondamentalmente della parte culturale, e la Congregazione dei Conservatori – guidata da un Presidente – alla quale è affidata la parte amministrativa. Attualmente la Congregazione è presieduta dal professor Lorenzo Ornaghi, già Rettore dell’Università Cattolica e Ministro della cultura del Governo Monti, che ringrazio per la generosa e intelligente dedizione. Naturalmente le due strutture devono coordinarsi e nel corso della storia non sono mancati – e non mancheranno, suppongo – momenti di “sano confronto”.

Recentissimamente sono anche cambiati, in parte, gli Statuti dell’Ambrosiana. Ci sono stati mutamenti significativi?
Anche gli Statuti ci accompagnano da quattrocento anni e quindi ogni tanto devono essere “aggiornati” anche se, paradossalmente, spesso sono proprio le correzioni più recenti a mostrare la loro fragilità. Rispetto all’“edizione” immediatamente precedente, due mi sembrano i cambiamenti più significativi: l’abolizione del cosiddetto “Comitato ristretto”, per restituire piena autorità al Collegio dei Dottori, e lo spostamento dell’intervento della Commissione, che deve valutare l’idoneità dei Dottori, al loro ingresso in Ambrosiana e non dopo i primi cinque anni. Insomma, l’Arcivescovo pensa giustamente che sia meglio prevenire che curare.

Quali sono i tesori più importanti che l’Ambrosiana conserva?
In Pinacoteca sono presenti capolavori di rilievo assoluto, noti anche al grande pubblico: l’immenso, in tanti sensi, Cartone della Scuola di Atene di Raffaello, il Ritratto di Musico di Leonardo, la Canestra di Caravaggio, la Madonna del Padiglione di Botticelli, e poi i numerosi quadri di Tiziano, Luini, Brueghel… A fare da trait-d’union tra Pinacoteca e Biblioteca è il celeberrimo Codice Atlantico di Leonardo, con i suoi 1119 fogli. Tra i manoscritti la cosiddetta Ilias picta del V-VI secolo, il Virgilio appartenuto a Francesco Petrarca con tante note autografe, il De divina proportione di Luca Pacioli con i solidi di Leonardo e i Libri d’ore che sono tutta una festa per gli occhi… Ma è davvero difficile scegliere tra 40 mila manoscritti.

Progetti, desideri, sogni?
Un progetto quasi in dirittura d’arrivo è quello di ridare maggiore unità alla fruizione della nostra Istituzione con l’esposizione dei manoscritti più significativi per permettere al visitatore della Pinacoteca di farsi almeno un’idea dell’immenso patrimonio conservato in Biblioteca. Il sogno è quello di una Sala del Novecento. Si possono immaginare donazioni, comodati, anche scambi, magari. Ma uno semina, e l’altro miete, dice il Vangelo; uno sogna e un altro realizza. Auguri, dunque, al 27mo Prefetto.