Quando il beato cardinal Ferrari venne in visita pastorale a Palazzolo Milanese, nell’anno 1900, fra le altre cose annotò che la popolazione adulta era costituita da circa un migliaio di anime: trecento operai, il resto contadini. Una realtà che era piuttosto comune nei paesi attorno a Milano, con percentuali che potevano variare sensibilmente nelle zone più industrializzate. In ogni caso, quella della maggior parte delle famiglie dell’epoca era una vita dura, legata ai modesti salari di chi lavorava in fabbrica e ai compensi precari di chi era occupato nelle campagne. A ciò si aggiungeva un livello di istruzione piuttosto basso, che non consentiva l’accesso ad attività specializzate e, quindi, giustamente retribuite.
Il problema della formazione professionale, unita all’educazione cristiana, era dunque ben presente tra i sacerdoti ambrosiani nel cruciale passaggio fra XIX e XX secolo, come occasione di promozione umana e di riscatto sociale. Nel solco, del resto, del magistero pontificio stesso, se si considera che nel 1891 papa Leone XIII aveva promulgato la Rerum novarum, l’enciclica sociale per molti versi «rivoluzionaria».
A Palazzolo in quegli anni era coadiutore don Filippo Anghileri: lecchese d’origine, ingegnoso e lungimirante, il giovane prete partì dalla considerazione che in Brianza, come nell’alto milanese, erano in forte espansione i mobilifici, che da botteghe artigianali si stavano trasformando in aziende di rilievo. Aziende che avevano bisogno non solo di manodopera, ma anche di tecnici specializzati, di disegnatori e perfino di artisti, per creare nuovi modelli e rispondere alle aspettative di una clientela sempre più esigente.
Con la benedizione del parroco, così, nel 1897 don Anghileri diede vita a una «Scuola di disegno applicato all’arte del legno», rivolta ai giovani della zona e ospitata nel locale oratorio. Un’esperienza che è stata di grande importanza per il territorio e che, pur con gli inevitabili cambiamenti (dal 1971 è diventata scuola civica d’arti e mestieri), è continuata fino ai nostri giorni.
Ma, come spesso accade, è una vicenda che rischiava di essere dimenticata, venendo a mancare i protagonisti che l’hanno vissuta nei decenni passati. Bene ha fatto, quindi, Luciano Bissoli, giornalista di lungo corso e appassionato cultore di storia locale, a raccogliere testimonianze, immagini e documenti di questa intensa avventura educativa, oggi pubblicati nel ricco volume: Storia di una promozione umana, che verrà presentato in un incontro pubblico venerdì prossimo, 16 settembre, alle ore 21, presso la Biblioteca Tilane a Paderno Dugnano.
Scorrendo le pagine di questa ricerca affiorano i volti attenti e sorridenti di tanti ragazzi che hanno frequentato la Scuola di Palazzolo, ma anche quelli dei loro insegnanti, giovani e meno giovani, severi o scanzonati. Insieme a una mole impressionante di disegni, modelli, progetti, bozzetti: quanto veniva ideato e creato dagli allievi sotto la guida dei docenti, uomini e donne, che in molti casi erano veri pedagoghi, noti per la loro passione educativa; quando non affermati artisti, che sapevano condividere idee ed esperienze, crescendo le nuove generazioni di creativi.
I più dotati fra gli studenti di questa scuola, del resto, erano incoraggiati a continuare la loro formazione in quell’istituto che nel secolo scorso era particolarmente rinomato, la Scuola superiore d’arte applicata all’industria, che aveva sede a Milano, presso un’ala del Castello Sforzesco, e dalla quale uscirono alcuni dei più celebri designer italiani del Novecento.
Nata in ambito parrocchiale, la scuola di Palazzolo non trascurò la sua ispirazione cristiana: nella formazione, ma anche nella scelta dei temi e dei soggetti di studio. Motivo per cui diverse chiese del territorio, ma in realtà dell’intera diocesi ambrosiana, conservano ancor oggi opere «nate» in quel contesto: Vie Crucis, Crocifissi, statue di santi, pale d’altare, tabernacoli, ma anche mobili per le sacrestie. Lavori con aspetti stilistici caratteristici e ben identificabili, al punto che si può parlare di una vera «corrente palazzolese».
Tra le molte iniziative della scuola, particolare risalto ebbe la creazione del «Presepe ambrosiano» del Natale 1946, allestito all’Arengario di Piazza Duomo a Milano: un insieme di mille pezzi, fra statuine (scolpite e vestite) ed elementi scenografici, che destò grande interesse per l’originalità e la vastità della composizione e che fu ammirato e benedetto dallo stesso cardinal Schuster.
Certo, quella della Scuola di disegno di Palazzolo Milanese non è una vicenda «eccezionale», ma solo perché, per fortuna, in molte altre comunità della diocesi di Milano tra Otto e Novecento sono fiorite iniziative simili, nei diversi ambiti educativi e professionali. Ma è davvero una storia singolare e significativa, che merita di essere conosciuta anche al di là dei «confini» locali. E che, infatti, ha dato frutto anche molto lontano: a Capo Verde, ad esempio, dove i missionari cappuccini hanno creato una scuola professionale, ispirandosi proprio al modello palazzolese.