Chi sono i giovani oggi? Quali desideri coltivano? La fede religiosa e la Chiesa hanno ancora un ruolo nella loro vita? La tesi che va per la maggiore disegna scenari apocalittici. I giovani di oggi sono nichilisti, sprecati e sdraiati. Disillusi su tutto, non credono più a nulla, assuefatti a un presente rattrappito, accartocciato su se stesso. Preludio di un futuro opaco, poco promettente. Ma è davvero così?
A questa domanda ha provato a rispondere Alberto Galimberti – 28 anni, laureato in Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano (dove collabora con la Cattedra di Politica e comunicazione) e giornalista pubblicista (scrive per La Provincia di Como e Segno nel Mondo) – nel volume È una Chiesa per giovani? Proviamo ad ascoltarli (Ancora, 144 pagine, 15 euro). Un libro che è un viaggio scandito dall’incontro con giovani impegnati, tra mille peripezie, a scovare il senso della propria esistenza, a non disertare il destino cui sono chiamati, coscienti che a volte le paure sono solo speranze in controluce.
Armato di penna e taccuino, Galimberti è andato a stanarli, in Italia e all’estero. Credenti e atei, studenti e lavoratori, sposati e conviventi. I giovani e il lavoro. I giovani e l’amore. I giovani e la morte. I giovani e la vocazione. I giovani e la Chiesa. Le sfaccettature di un poliedro, la cui immagine rifranta l’autore prova a restituire, fornendo una chiave di lettura aperta alla speranza.
Il volume contiene anche interviste allo scrittore Alessandro D’Avenia, ai sociologi Franco Garelli e Chiara Giaccardi e al demografo Alessandro Rosina,