In occasione del Giorno della Memoria esce in libreria il volume Tanto tu torni sempre. Ines Figini, la vita oltre il lager di Giovanna Caldara e Mauro Colombo (Zolfo Editore, 216 pagine, 16 euro), la storia dell’operaia comasca deportata nel marzo 1944, quando aveva meno di 22 anni, nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück, resa pubblica dopo più di cinquant’anni e raccontata in prima persona in questo libro
Ines non era ebrea, partigiana o antifascista, ma si era schierata a favore di alcuni compagni di lavoro durante uno sciopero nello stabilimento in cui lavorava, la Tintoria Comense di Como.
La storia
È il 6 marzo 1944 quando Ines prende le difese del gruppo di scioperanti della sua fabbrica, stanchi delle condizioni di lavoro cui sono costretti dal regime nazifascista. Basta una sola esclamazione – «non è giusto portare via solo loro: abbiamo scioperato tutti, dovete arrestarci tutti! O tutti, o nessuno…» -, perché sia catturata e portata via da casa nel cuore della notte.
Da quel momento inizia l’incubo: prima la sosta di cinque giorni nel lager di Mauthausen e poi la reclusione per otto mesi nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove Ines, costretta ai lavori forzati, vive i suoi giorni più difficili fino al trasferimento a Ravensbrück nel novembre del ‘44. Con l’avanzata delle truppe sovietiche, nella primavera del 1945 anche Ines viene liberata, ma subito dopo purtroppo contrae il tifo: ricoverata all’ospedale militare di Prenzlau, trascorre alcuni mesi allettata a causa della febbre e delle gravi infezioni che la colpiscono, ma che riesce a superare con forza e determinazione.
Guarita, nell’ottobre del 1945 Ines riesce finalmente a tornare a Como. Riprende a lavorare, a viaggiare, a divertirsi. Dal 1968 in avanti, per molti anni, torna ad Auschwitz, dove era stata reclusa. E proprio lì, dopo un lungo processo di rielaborazione interiore, comprende di non poter rimanere prigioniera dell’odio e decide di perdonare chi le ha fatto del male. Un atto di coraggio che le ridà speranza e fiducia nella vita. Quando, dopo mezzo secolo, inizierà a raccontare la sua storia in pubblico, soprattutto nelle scuole, dimostrerà ai giovani che non si deve dimenticare, né tanto meno negare le atrocità vissute e viste, ma si può ricordare senza provare odio, rancore o rivalsa. Per questo la sua testimonianza, oltre a documentare un periodo tragico della storia dell’umanità, è anche un simbolo di forza, speranza e fede.
Documenti inediti
Questa nuova edizione esce in libreria a pochi mesi dalla morte di Ines, avvenuta il 26 settembre 2020 a 98 anni, ed è corredata da sedici lettere inedite che lei scrisse alla madre tra il settembre e l’ottobre 1945, durante il ricovero in un ospedale militare dopo la liberazione dal lager, che non poté spedire e tenne con sé fino al suo ritorno a casa: «Mamma, sulla mia strada che ho percorso in questi ultimi tempi, ho trovato tanta cattiveria, tanto egoismo, tanta indifferenza, da lasciarmi meravigliata e disgustata nel medesimo tempo. Eppure non ho perso ancora la poesia! Anche oggi sono stata un poco con te. Sei contenta? E allora vieni qui e lascia che ti abbracci» (Prenzlau, 19 settembre 1945).
Quand’era bambina Ines si allontanava spesso da casa per giocare. Sua madre, però, non se ne preoccupava: «Tanto tu torni sempre…», le disse una volta. Per non deludere quella fiducia, Ines ritornò anche dall’inferno.