Lunedì 24 settembre, al Teatro Franco Parenti di Milano, andrà in scena lo spettacolo Non esistono cattivi ragazzi, scritto e interpretato dai giovani ospiti della Comunità di accoglienza Kayros. Saranno presenti esponenti istituzionali, tra loro don Mario Antonelli, vicario episcopale all’educazione.
Kayros è una comunità di accoglienza di minori e maggiorenni in situazioni difficili, fondata nel 2000 da don Claudio Burgio, collaboratore di don Gino Rigoldi come cappellano del carcere minorile Beccaria. La Comunità – con sede a Vimodrone, Comune a est di Milano – ospita adolescenti provenienti dal carcere minorile, dalle periferie e dalla strada: ragazzi trasgressivi che, se abbandonati a loro stessi, danno vita a comportamenti antisociali e diventano pericolosamente violenti. Don Claudio e alcuni educatori li accompagnano in un itinerario volto al cambiamento e al raggiungimento di un’autonomia responsabile.
Tra i tanti progetti pedagogici avviati dalla Comunità ci sono interventi nelle scuole su tematiche come legalità, cittadinanza e bullismo: sono gli stessi ragazzi a incontrare i loro coetanei e a offrire testimonianza diretta, raccontando la loro esperienza. Gli adolescenti, nel periodo di esecuzione penale o di messa alla prova, svolgono così un’attività importante e allo stesso tempo utile alla riparazione dei reati commessi. Il responsabile del progetto nelle scuole è Daniel Zaccaro, anni fa lui stesso al Beccaria, e che oggi frequenta il terzo anno all’università.
Lo spettacolo che va in scena al Parenti è stato interamente creato dai ragazzi, dai testi alle canzoni, e si rivolge al pubblico dei teatri e delle scuole. Il rapporto dei minori con le istituzioni, la relazione con il mondo adulto, con il diverso da sé e con Dio: questi i temi principali della rappresentazione. In particolare si affrontano le tematiche del bullismo, del cyberbullismo e del pregiudizio.
«Questa iniziativa vuole essere una testimonianza, un momento di ascolto delle storie dei ragazzi ospitati da Kayros, offerto alla città e alle istituzioni – spiega don Burgio -. Un’occasione per mettersi in ascolto di questi ragazzi anche da una prospettiva ecclesiale, in vista del Sinodo dei Giovani». Riflettere sul Sinodo, rappresentare le domande profonde che nascono dal cuore dei ragazzi, con scene che rielaborano le storie vere del loro percorso. Un modo per capire che cosa significa educare oggi nelle periferie cittadine. Ma lo scopo dell’iniziativa è anche un altro. «Il nostro obiettivo è quello di lanciare un progetto che possa essere portato avanti negli anni, nelle scuole e negli oratori – sottolinea Burgio -. Interfacciarsi con le periferie, interrogarle e conoscerle vuol dire infatti rendere protagonisti i ragazzi e raccontare uno spaccato reale della loro vita». Un modo per capire da dove nascono fenomeni di disagio, di violenza e di bullismo per prevenirli sul nascere, prima che possano fare danni irreparabili a chi li compie e a chi ne è vittima.