Dicono che fu chiamato Giotto stesso, per fissare in un affresco in San Giovanni in Laterano la memoria dell’indizione del primo Giubileo dell’anno 1300 da parte di papa Bonifacio VIII. Nel corso dei secoli, e per i diversi rifacimenti della basilica romana, il dipinto è andato deteriorandosi, e oggi non ne rimane che una porzione sbiadita. Ma noi abbiamo un’idea precisa dell’immagine originale, nella sua interezza, grazie a una vivace tavola acquerellata del 1590 di mano di Giacomo Grimaldi, conservata alla Biblioteca Ambrosiana.
Proprio quest’opera è la protagonista della nuova mostra dedicata alla storia dei Giubilei, ripercorsa grazie anche ad altri documenti rari e unici (normalmente non accessibili al pubblico), allestita fino al prossimo 17 giugno nelle prime sale della Pinacoteca Ambrosiana a Milano (Piazza Pio XI).
Di grande interesse, del resto, è anche la Bolla di indizione di quel primo Anno Santo, dove si legge che papa Bonifacio, «servo dei servi di Dio», concede il «pienissimo perdono» dai peccati ai fedeli che, pentiti, compiranno devotamente il pellegrinaggio alle basiliche di Roma. Certo, questa dell’Ambrosiana è una copia, essendo l’originale conservata presso la Biblioteca apostolica vaticana: ma si tratta comunque di un documento straordinario, perché quasi certamente coevo all’evento, replicato dalla cancelleria pontificia proprio per diffondere ovunque la notizia di quel Giubileo.
Gli studiosi dibattono tuttora se Dante sia stato effettivamente a Roma per quel primo evento giubilare. A favore di questa ipotesi viene di solito citata una terzina del XVIII canto dell’Inferno, dove l’Alighieri paragona l’incedere in senso opposto di due schiere di peccatori ai pellegrini che s’incrociano sul ponte di Sant’Angelo in occasione dell’Anno Santo: quasi che il poeta, insomma, stia evocando un momento che ha veramente vissuto e che gli si è impresso nella memoria… È il «pretesto», nella mostra all’Ambrosiana, per esporre un bel codice miniato della Divina commedia, realizzato probabilmente sul finire del Quattrocento in Toscana.
Proprio quest’anno, inoltre, ricorre il diciassettesimo centenario del Concilio ecumenico di Nicea (in Asia Minore, nell’attuale Turchia), convocato nel 325 dall’imperatore Costantino. Di fronte alle posizioni di Ario e dei suoi seguaci, i padri conciliari dichiararono che per la fede cristiana Gesù Cristo è il Figlio di Dio, perfettamente uguale al Padre nella divinità, come si professa nel Credo (il Simbolo), allora formulato.
Il legame fra quell’evento e la natura stessa del Giubileo, che vuole innanzitutto commemorare l’incarnazione del Verbo, è evidente. Motivo per cui una sezione dell’esposizione all’Ambrosiana è dedicata proprio al Concilio di Nicea, con straordinari documenti.