Non ha un aspetto imponente, né è fatto di materiali pregiati: eppure il «Presepe di carta» che fino al prossimo 6 febbraio è esposto in una nuova mostra nei Chiostri di Sant’Eustorgio a Milano è un autentico capolavoro. Raro e prezioso non soltanto per la sua qualità artistica – è stato realizzato, infatti, da Francesco Londonio, uno dei più importanti pittori lombardi del Settecento -, ma anche per la fragilità e la delicatezza dei materiali che lo compongono, che ne fanno una delle poche opere del genere giunte fino a noi. Un nuovo e gradito «regalo» che il Museo Diocesano «Carlo Maria Martini» offre a tutti noi per festeggiare i suoi primi vent’anni di storia.
Donato e restaurato
Generosamente donato al Museo da Anna Maria Bagatti Valsecchi nel 2018, il «Presepe» è stato oggetto di uno scrupoloso intervento di restauro. Si tratta di circa sessanta figure, dipinte su cartoncini sagomati, alte fra i trenta e i sessanta centimetri, che costituivano almeno tre diversi nuclei di presepi di carta: due assegnabili al maestro, Londonio; il terzo, probabilmente, a un suo «imitatore». La raccolta proviene dalla villa del Gernetto di Lesmo: pur essendo ben nota agli studiosi, solo oggi, in occasione di questa rassegna, è stata studiata in modo approfondito, e anzi le ricerche sono ancora in corso.
In quella villa brianzola, del resto, Francesco Londonio era di casa, invitato spesso dal conte Giacomo Mellerio, facoltoso banchiere e appassionato collezionista, a trascorrervi lunghi periodi di villeggiatura. Piacevoli «riunioni» fra nobili, se si considera che anche lo stimato pittore milanese vantava ascendenze aristocratiche e che la sua arte era particolarmente apprezzata proprio dal ceto patrizio per quell’atmosfera svagata e bucolica, dove la campagna – aliena da qualsiasi bruttura e fatica – diventa l’agognato rifugio dalle incombenze quotidiane, una terra di delizie – l’Arcadia – dove vivere in semplicità e in armonia con una natura che è sempre generosa e benevola…
Così anche i personaggi di questo presepe, pastori e contadine, musicanti e lavandaie che si affollano attorno al Bambino Gesù, nonostante i piedi nudi e i vestiti laceri non appaiono realisticamente prostrati dalla povertà e dall’indigenza, ma quasi dei «buoni selvatici», degli abitanti di un mondo «semplice» dove ancora ci si può stupire per il miracolo della vita che nasce, partecipando con gioia e serenità ai piccoli come ai grandi eventi della storia.
Un Natale “domestico”
Al Londonio, artista poliedrico e creatore di quel «Teatro dei Foghetti» che è considerato l’antesignano del cinema d’animazione, è attribuito anche il grande e celebre presepe della chiesa milanese di San Marco, anch’esso recentemente restaurato e valorizzato da una nuova illuminazione.
Ma questo del Museo Diocesano si fa apprezzare proprio per la sua atmosfera domestica e raccolta, per l’incanto delle espressioni sognanti delle piccole figure «ritagliate», per i colori leggeri, quasi acquerellati, che evocano i Natali della memoria. E, contemplandolo, si torna ancora una volta bambini, mentre un sorriso affiora alle labbra.