A volte le scoperte più interessanti riguardano cose che si hanno davanti agli occhi, ma alle quali, per diversi motivi, non si presta attenzione. È quello che è accaduto a Saronno, terra peraltro ricca di monumenti e di capolavori, a cominciare dal suo prezioso santuario. La scoperta di cui parliamo, tuttavia, è avvenuta nella chiesa prepositurale dei Santi Pietro e Paolo. Dove, sulla controfacciata, a sei metri d’altezza, era collocato un dipinto di formato ovale raffigurante «Dio Padre tra quattro angeli», che nonostante le grandi dimensioni (misura infatti oltre due metri di lunghezza) e una prestigiosa attribuzione a Gaudenzio Ferrari (cioè a uno dei migliori pittori del tardo Rinascimento) giaceva polveroso e pressoché ignorato, anche dagli studiosi del settore.
Merito della parrocchia, e in particolare dell’architetto Carlo Mariani (che da tempo si occupa del patrimonio artistico della Comunità pastorale saronnese), l’aver saputo valorizzare questo suo autentico tesoro, che oggi, dopo lo scrupoloso intervento dei restauratori di Venaria Reale di Torino (finanziato dalla Fondazione comunitaria del Varesotto nell’ambito del bando «Tesori nascosti»), può essere ammirato da tutti.
Dopo una presentazione nei mesi scorsi in una mostra al Castello di Masnago, infatti, e prima di essere ricollocato nella prepositurale di Saronno, ora il «Dio Padre» di Gaudenzio Ferrari è esposto nel santuario della Beato Vergine dei Miracoli, cioè proprio «in dialogo» con il meraviglioso e celebre «Concerto degli angeli» dello stesso pittore che orna la cupola.
Il dipinto, che è coperto durante il giorno, viene letteralmente svelato nelle sere dei giovedì di giugno (fino al 22; in due turni: alle 20.30 e alle 21.30) e illustrato dalle guide volontarie dell’associazione «Cantastorie». I visitatori, eccezionalmente, in questa occasione possono salire ai matronei per osservare da vicino l’opera «ritrovata», ma anche gli affreschi di Gaudenzio (oltre, naturalmente, all’apparato statuario, altrettanto mirabile). La visita è gratuita (si può comunque fare un’offerta per le necessità della Comunità pastorale), ma è necessario prenotarsi qui.
La prima menzione di quest’opera risale alla visita pastorale a Saronno del beato cardinal Ferrari, nel 1896: all’epoca il «Dio Padre» era già attribuito a Gaudenzio Ferrari (così si sarebbe espresso Giovanni Morelli, con tutta la sua autorevolezza); e anche allora si trovava sulla controfacciata dei Santi Pietro e Paolo («infelicemente collocato troppo in alto», annotò il visitatore diocesano).
Il dipinto, che in origine era su tavole lignee, appariva già in quegli anni bisognoso di restauro. L’intraprendente parroco don Guidali contattò il Ministero competente, segnalando la cosa anche alla Pinacoteca di Brera, così che tra gli inizi del Novecento e la vigilia della Seconda guerra mondiale ci fu tutto un interessamento da parte di funzionari, storici dell’arte, restauratori: da Pietro Toesca a Ettore Modigliani, da Luigi Cavenaghi a Mauro Pelliccioli. Quest’ultimo, ben noto anche per i suoi interventi sul Cenacolo di Leonardo, cercò in un primo tempo di attuare un restauro conservativo della tavola saronnese; ma non risultando sufficiente, nel 1930 si decise per un trasferimento su tela della superficie pittorica. Paradossalmente, una volta restaurato, il bellissimo ovale tornò nell’oblio.
Restano aperte alcune questioni. La provenienza dell’opera, innanzitutto. L’attuale prepositurale di Saronno sorge sul sito di una chiesa più antica dedicata a Santa Maria Assunta, dove era segnalata la presenza di una grande raffigurazione dell’Assunzione della Vergine. C’è da chiedersi se l’Eterno che apre le braccia in un gesto di accoglienza non faccia parte proprio di quella sconosciuta composizione: come, del resto, si può vedere nella straordinaria cupola del santuario.
Sulla paternità gaudenziana di quest’opera oggi gli studiosi sono tutti concordi. Anche, peraltro, nel collocarla attorno al 1545, cioè alla fase finale della produzione del Ferrari, che ormai anziano e celebre si serviva di diversi collaboratori, riprendendo suoi modelli di successo. Così che questo «Dio padre», dallo sguardo commosso, quasi umido di lacrime, potrebbe essere proprio uno dei suoi ultimi lavori. Quasi un testamento, artistico e spirituale.