Numerosi esponenti del mondo ecclesiale hanno reso omaggio a Ermanno Olmi, il grande regista scomparso nella notte tra il 6 e il 7 maggio.
Monsignor Viganò: «Una sintonia spirituale con papa Francesco»
«Ci lascia un grande regista, un uomo di profonda cultura e fede», è il commento alla morte di Ermanno Olmi di monsignor Dario Edoardo Viganò, assessore presso la Segreteria per la Comunicazione (SpC) della Santa Sede. «Ho conosciuto personalmente Ermanno Olmi diversi anni fa, dialogando con lui in un incontro pubblico a Luino, Varese, in occasione del Premio Piero Chiara nel marzo 2013. In quegli anni Olmi, già fragile di salute, sentiva il desiderio di condivisione del suo immaginario cinematografico e spirituale». Negli anni le occasioni di contatto sono poi proseguite: «Ho presentato in Filmoteca Vaticana, grazie alla figlia Elisabetta, cui va il mio abbraccio, il suo ultimo lavoro dedicato al cardinale Carlo Maria Martini, Vedete, sono uno di voi. E proprio in quell’occasione, in cui il regista non era potuto intervenire per motivi di salute, è emerso il desiderio di un confronto con papa Francesco. Mi ha donato infatti una lettera da consegnare al Santo Padre, insieme ai suoi ultimi film, in particolare Villaggio di cartone». E proprio su Villaggio di Cartone, monsignor Viganò aggiunge: «Ermanno Olmi provava una sintonia spirituale con il Papa, per la sua attenzione agli ultimi, ai rifiutati. Olmi teneva molto a che papa Francesco vedesse proprio questo film, capace di cogliere quell’immagine di Chiesa in uscita, di Chiesa ospedale da campo, pronta all’accoglienza, più volte richiamata dal Santo Padre». Da studioso di cinema e per molti anni alla guida di istituzioni cinematografiche, monsignor. Viganò rimarca: «Ermanno Olmi lascia oggi una traccia indelebile, feconda, nella storia del cinema e dell’industria culturale italiana, avendo saputo coniugare la forza espressiva dell’immagine alle impalpabili dinamiche dello spirito. Un ultimo pensiero è però personale, più che all’artista all’uomo, avendolo conosciuto. Olmi era uomo pronto all’incontro, con sguardo aperto e luminoso».
Don Maffeis (Cei): «Ha raccontato la Chiesa dell’accoglienza»
«Tante sono le opere del regista Ermanno Olmi che rivelano un grande valore culturale e pastorale insieme: così don Ivan Maffeis, sottosegretario della Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, commenta la scomparsa del regista bergamasco. «Basta solamente richiamare gli ultimi film realizzati, per capire l’importante eredità culturale che ci lascia in dono Ermanno Olmi. Con Villaggio di Cartone, infatti, ci ha mostrato “una Chiesa povera e per i poveri!”, richiamando le parole di papa Francesco, che accoglie come il buon samaritano il fratello disperso ai margini della strada». Aggiunge don Maffeis: «Sono rimasto molto colpito anche da Torneranno i prati, per i cento anni dalla Prima guerra mondiale. Il regista ci ha aiutato a capire la complessità e la tragedia umana della Grande guerra, la crudeltà di un conflitto logorante e privo di senso». Olmi «ha saputo leggere la dimensione popolare dell’esperienza cristiana, raccontando le sue più semplici e genuine tradizioni. Ha colto l’importante quotidianità della fede nella vita dell’uomo, l’incontro del Vangelo con la vita di tutti i giorni».
Giraldi (Cnvf): «Cantore del lavoro, della religiosità e della preghiera»
«È difficile raccogliere in poche battute tutta la ricchezza e la complessità della produzione artistica del regista Ermanno Olmi – dice Massimo Giraldi, presidente della Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei -. Possiamo tuttavia tracciare una parabola della sua carriera attorno a tre film, tre grandi opere, in tre momenti distinti della sua vita. Anzitutto Il posto del 1961, film che ruota intorno ai giovani alle prese con la prima occupazione e che ci aiuta a cogliere il senso di fermento del mondo del lavoro negli anni Sessanta, in una fase di profonda trasformazione. Olmi ha così fotografato lo spirito di una società in cambiamento, la condizione dell’uomo anche un po’ smarrito dinanzi a dinamiche nuove e inarrestabili. Il secondo film è senza dubbio L’albero degli zoccoli. In particolare, il pregio del film è quello di aver saputo mostrare una campagna dove coabitano la fatica di un lavoro intenso con la gioia dell’armonia naturale e familiare. È il racconto della bellezza del creato. Terzo e ultimo film è Torneranno i prati del 2014, che costituisce uno sguardo malinconico e doloroso sulle ferite lasciate dalla Grande guerra, con la perdita di troppe vite umane, soprattutto di giovani».