Quando si parla con Arianna Prevedello, non sembra di ascoltare una scrittrice, un’animatrice culturale, una cinefila, bensì sembra di ascoltare una guida turistica. Questo spirito viene ben racchiuso nel suo nuovo libro Di fronte all’amore (In dialogo, 112 pagine, 14.50 euro). Non un saggio, ma una mappa per orientarsi nel variegato mondo dei media. Attraverso venti proposte di film e di opere letterarie, Prevedello esplora le infinite sfumature dell’amore. Non una forza romantica e indiscutibile, ma un sentimento complesso, spesso contraddittorio o male indirizzato, altre volte una forza che permette di andare avanti. Di fronte all’amore non è un saggio e nemmeno un romanzo, ma un agile manuale contenente tante scintille per accendere il fuoco della curiosità. Un libro di inizi, come sottolinea nella prefazione Alessandro Zaccuri, come una soglia che è piacevole attraversare. Ne abbiamo parlato con la scrittrice.
In Di fronte all’amore la sua prosa è a servizio alle opere che analizza. Con linguaggio semplice aiuta il lettore a diventare spettatore. Ma propone, non afferma. Come una guida che indica e mette a fuoco la meta, ma lascia al viandante il gusto del cammino. Come mai questa scelta?
Mi piace molto l’idea di indurre una curiosità nello spettatore. Occorre che gli animatori culturali lascino sempre un pezzettino non esplicato, un posto vacante per permettere a qualcun altro di sedersi. È lì che si lascia la possibilità di crescere. Per questo nel libro mi dedico molto agli inizi, soprattutto nel loro valore simbolico, ma poi mi fermo per lasciare ancora parte dell’opera da scoprire. Anche lo spettatore è chiamato infatti a fare le sue connessioni con le proprie conoscenze ed esperienze che arricchiscono l’opera. In fondo il cinema è proprio questo: un’arte complessa e aperta a tante altre suggestioni, non certo un oggetto chiuso! È questa la chiave per la sua lunga vita.
Il libro ha un filo conduttore ben preciso, ovvero l’amore. Arriva invece a parlare di tutto: la famiglia, il fine vita, il femminismo, l’educazione… Si aspettava che cercare l’amore nel cinema sarebbe stato la chiave per arrivare alla complessità della vita?
Sì, era un pensiero che mi ha guidato nella scrittura. Desideravo proprio indagare come l’amore si esprima in più forme, alcune anche inaspettate. Non amiamo solo quando siamo con un’altra persona. Nel libro mi sono sbilanciata raccontando alcuni personaggi che esprimono il proprio affetto non sempre in maniera opportuna. Talvolta l’amore può essere infatti anche sbagliato, male indirizzato. Non li volevo osservare però con sguardo giudicante; aiutata anche dai riferimenti letterari volevo tenere viva la curiosità che ci fa dire «perché questa forma di amore non va bene per me? perché mi fa star male?». Ho trovato alcuni film, anche estremamente popolari, che sono riusciti a evitare ogni forma di moralismo permettendo quindi un ragionamento profondo.
C’è un film che l’ha particolarmente stupita?
Ho scelto sempre film con molta ambiguità, in cui è difficile tracciare una linea netta tra positivo e negativo. In loro c’è sempre qualcosa di generativo, ma a volte bisogna scavare in profondità sotto molti strati. “Afterlife”, ad esempio, che è una serie tv sul tema dell’elaborazione del lutto. A mio parere il protagonista è davvero da seguire con attenzione. Perché la sua storia è sfortunata, ma notevole. Ha avuto un rapporto che nella sua testa è perfetto, idealizzato, ma ora la compagna è morta e lui è nel dolore. Questa donna però ha voluto lasciare una traccia di sé al marito attraverso dei video in cui gli parla e gli dà indicazioni. Invece di fare un favore al protagonista lo mette in difficoltà costringendolo a confrontarsi con l’idealità di questa donna sempre a suo fianco nella distanza. Anche in “18 regali” una madre decide prima della morte di lasciare un regalo alla figlia anno per anno. Non può essere con lei, ma la segue in questo modo. Su questa trama simile, ci vengono presentati due tipi di amore completamente diversi: uno materno di accompagnamento e l’altro asfissiante.
La copertina è bizzarra, ma affascinante: siamo osservati da un coniglio con gli occhiali…
Perché per vedere bene l’amore ci vogliono tante lenti. E il libro ha questo desiderio: mostrare tanti tipi di amore dietro alle molte azioni dei personaggi. Le opere che le ho citato prima sembrano parlare di come si affronta il lutto, ma invece – con nuovi occhi – scopriamo che ci interrogano su come si ama.
In questa epoca cinica come sono recepite le storie d’amore dal pubblico?
Le racconto un aneddoto: questa settimana mi è arrivata una mail da una persona che non conosco. Mi ha scritto che ha letto il mio libro precedente (La grazia di rialzarsi n.d.r) e che sta guardando i film che proponevo lì dentro. Mi ha detto che è uno sforzo, però gli dà anche un grande nutrimento. Come vede ancora oggi il pubblico reagisce in maniera profonda. C’è ancora bisogno di queste storie, ma anche di strumenti che li accompagnino con semplicità.
Infatti il libro possiede una notevole agilità!
È rivolto a tutti, anche a chi non frequenta le sale cinematografiche. Mi interessava più parlare chiaro, esplorare un sentiero che non lasciasse indietro nessuno.
Non le sembra che le relazioni di oggi imitino il cinema? Non è raro vedere giovani e meno giovani cercare relazioni “da film”, salvo poi cedere di fronte alla “banale” quotidianità…
Penso che non sia un problema che riguarda solo i giovani. Ho intitolato non a caso un capitolo: “Finisce l’innamoramento e (forse) nasce l’amore”. Tutti, indipendentemente dall’età, cadiamo in questo schema per cui quando si tratta di dare consigli agli altri sappiamo fare tutte le riflessioni del caso. Quando riguarda noi, tutte queste attenzioni si sciolgono: desideriamo la storia perfetta. La bellezza complice di Giuliano Zanchi è un testo che ci aiuta a rispondere a questa domanda. Con la frase “la bellezza salverà il mondo” si è diffusa erroneamente l’idea della bellezza salvifica. Quindi crediamo che tutto debba essere ricondotto a questa. Tutti siamo spinti inconsapevolmente a cercare una gratificazione esponenziale in ogni esperienza. Così spesso accade anche nella storia d’amore. Invece occorre ritrovare un principio di realtà. Che cos’è un’affettività sana? È un modo di vivere che deve mettersi anche in rapporto alla pochezza. Può capitare che la persona che hai accanto si ammali, cambi… ma l’amore può esistere anche in quello che la società chiama “poco”, in contrasto con la “tanta” bellezza. Come fare? Basta mettersi occhiali nuovi.