Un fiume di colori e voci. Quasi mille protagonisti del Festival Zelioli hanno riempito le strade del lungolago di Lecco in abito da cerimonia e si sono concentrati in piazza Cermenati ad attendere i propri compagni che dal lago a bordo delle “Lucie” facevano convergere verso la basilica di San Nicolò le bandiere delle nazioni partecipanti. A terra pure il prevosto di Lecco monsignor Franco Cecchin e il sindaco Virginio Brivio. I lecchesi hanno così potuto assistere a una festa di cori, di ragazzi, di internazionalità, quella a cui la città aspira da anni e in alcuni momenti – come nello Zelioli – riesce a realizzare e vivere.
Raffaele Colombo, presidente di Harmonia Gentium, ha aperto con la lettura del Salmo 135, che «interpreta bene il nostro sentimento di lode e gratitudine al Signore, come anche la nostra intensa gioia interiore per questi giorni di incontro e amicizia. Il Festival nasce con questo intento: che la lode al Signore e l’impegno alla concordia tra i popoli ci accomunino sempre di più e ci facciano crescere nella sintonia degli intenti e nell’armonia delle azioni». Ricordando come ogni coro proporrà in particolare l’esecuzione di brani della propria tradizione popolare, ha sottolineato: «In queste opere è presente in modo profondo l’anima del popolo e con essa la fede cristiana, che trovano una straordinaria espressione proprio nella liturgia e nel canto liturgico che l’accompagna. Da qui prende avvio gran parte della creatività artistica dei musicisti europei e qui sta l’ossatura essenziale della cultura europea e delle sue radici cristiane».
È intervenuto poi con un augurio il sindaco Virginio Brivio: «Che questi giorni siano per voi possibilità non solo di cantare, ma anche di conoscere il nostro territorio. La bellezza di Lecco sta nell’impasto tra lago, montagne e protagonisti della storia. Uno su tutti, lo scrittore Alessandro Manzoni, che qui ha trovato ispirazione per il suo romanzo più famoso». E ha continuato: «L’insegnamento che voi ci date attraverso la musica è che i confini non devono essere dei muri e che i porti – anche musicali – devono essere sempre lasciati aperti, perché non bisogna avere paura della possibilità di incontrarsi e conoscersi. Il porto sicuro della cultura è un segno oggi molto importante, affinché la comunità internazionale sia più umana. Il Festival è questo: un investimento sull’apertura, sulla solidarietà, sulla capacità di contaminazione».
È toccato quindi a monsignor Cecchin prendere parola: «Canto, grazia, musica: ancora una volta c’è il miracolo, perché ancora una volta tradizioni diverse con la musica si ritrovano. In una società frammentata e individualista come la nostra, c’è bisogno di gesti profetici che sveglino la coscienza, l’intelligenza e la libertà di ogni abitante della Terra. La contraddizione più grave della società postmoderna infatti è questa: abitiamo un villaggio globale, ma la fratellanza universale è continuamente rotta e minata dalle barriere che poniamo tra popoli, Nazioni, culture». E ha rilevato: «Occorre trovare un fuoco d’amore che purifichi gli egoismi e apra i cuori alla fraternità universale. Il Festival è un gesto efficace e credibile in cui giovani di nazionalità diverse mostrano la possibilità reale di una comunità fraterna in forza del canto sacro».
«Da oggi a domenica Lecco sarà la capitale del canto corale giovanile – ha chiosato Riccardo Benedetti -. Sentirete spesso riecheggiare due parole fra le mura della Basilica e nelle piazze della città: la prima parola è musica, sei lettere che uniscono il mondo, scavalcano barriere, superano qualsiasi ideologia e concentrano in esse tutti colori dell’universo; la seconda è grazie, perché spesso ci sentirete ringraziare tutti quelli che hanno contribuito a realizzare il Festival». E ha concluso: «Il Festival è un’opportunità che nasce dall’amore per la musica di Harmonia Gentium, che in 13 edizioni ha portato sul territorio 5250 coristi da 24 Nazioni».
È seguito un suggestivo concerto del National Boys Choir of Canada, che fin dall’inizio ha catturato l’attenzione dei presenti con un emozionante ingresso in chiesa a sole 4 note di fondo, prodotte da rivoli di cantori dispersi nei corridoi di afflusso. Non sono mancate vere e proprie ovazioni, partite fra l’altro dai più giovani tra i presenti nel pubblico, soprattutto nel tripudio dell’Alleluja.