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Arte, Storia & Cultura

Sirio 10 - 15 settembre 2024
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Evento

Felice Carena, la sua pittura tra vita e sacro

È stato uno dei protagonisti della scena artistica del secolo scorso, poi quasi "dimenticato". Oggi una bella mostra alle Gallerie d'Italia a Milano ne ripercorre la lunga e variegata carriera, con oltre cento opere, dagli esordi simbolisti e agli ultimi lavori espressionisti.

di Luca FRIGERIO

13 Settembre 2024

Felice Carena è il protagonista della nuova mostra in corso fino al 29 settembre alle Gallerie d’Italia a Milano (in Piazza della Scala). Una proposta bella e «coraggiosa», perché presenta un grande pittore del secolo scorso che ai giorni nostri non gode certo di una grande fama. Un artista che viene presentato nel suo lungo percorso artistico attraverso oltre cento opere provenienti da alcuni dei più importanti musei italiani e da diverse collezioni private.

Carena nasce a Torino nel 1879. Studia all’Accademia Albertina: è bravo, ha talento, e giovanissimo vince premi e concorsi. Come quello che a 26 anni lo porta a Roma, dove si fermerà per 20 anni.

La sua prima stagione è quella del simbolismo di matrice verista, con suggestioni secessioniste. I suoi ritratti, sfatti e trasognati, colgono l’anima negli occhi, la solitudine sotto gli abiti sfarzosi.

Ma è nei temi sociali che Carena trasfonde il suo ardore battagliero: poveri, derelitti, proletari, uomini e donne anonimi come fantasmi, in una società che sfrutta e schiaccia, relegando ai margini, senza speranza, senza futuro. Una potenza nel gesto pittorico che sembra un urlo strozzato, contro la terra e il cielo.

Nella Grande Guerra si distingue per coraggio. Torna a casa con un desiderio di luce e di pace. Forse anche per questo le sue tele si fanno più ariose, con atmosfere bucoliche: i pastori all’ombra degli ulivi, le comari sulla porta di casa, le feste di paese, le corse con i sacchi… Un mondo rurale, semplice e quasi primitivo: mitologico, perché senza tempo.

Quella di Carena negli anni Venti è una pittura alla Gauguin, ma mediterranea. E quando scopre Matisse e Cézanne, ne nascono paesaggi e nature morte piene di colore: un colore spesso, materico, quasi spalmato. E intanto continuano ad arrivare i premi e i riconoscimenti, anche da oltreoceano. Nel 1924 è chiamato a insegnare all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove si fermerà per un ventennio.

Ecco, il Ventennio. Dal regime fascista Carena non prende le distanze. E nella tempesta della guerra, accetta la carica di commissario nazionale del sindacato delle Belle arti. Dopo la Liberazione è processato come collaborazionista: viene assolto, ma anche messo da parte.

Si ritira allora a Venezia, dove trascorre gli ultimi vent’anni, lontano dalle luci della ribalta, e dove muore nel 1966. La sua pittura si fa più intima, più silente: espressionista, a suo modo. Il tema del sacro era sempre stato presente nella produzione di Carena, ma ora è quello che sente con più urgenza. Con un segno che, a tratti, ricorda quello oscuro di Rouault, ma anche quello fiabesco di Chagall. E ancora lo chiamano, ancora lo cercano: presidente dell’Unione cattolica degli artisti italiani, amico di papa Giovanni, collaboratore della neonata Galleria d’arte sacra dei contemporanei di Milano.

Una vita, la sua, a cercare la luce, oltre il buio.

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