In terra ambrosiana il Carnevale dura più a lungo, è cosa nota. Mentre infatti nel rito romano la Quaresima inizia il Mercoledì delle Ceneri, a Milano e dintorni essa comincia solo la domenica successiva, quindi con quattro giorni in più di festeggiamenti carnevaleschi, che culminano nel famoso “Sabato grasso”. Un “Carnevalone”, com’è familiarmente chiamato, la cui tradizione appare antichissima, legata a precisi eventi storici, ma anche ammantata di leggende e di curiose vicende.
Tutto nasce da un diverso computo, relativamente al tempo della Quaresima, tra il rito ambrosiano e il rito romano. La questione è assai complessa, ma, semplificando, si può osservare che se si contano quaranta giorni, partendo a ritroso dal Giovedì santo, si giunge esattamente alla prima domenica di Quaresima. Questo è il computo antico e originario, conservatosi appunto nel rito ambrosiano, quando cioè la Chiesa “imitava” i quaranta giorni passati da Gesù nel deserto con altrettanti giorni di penitenza in preparazione al Venerdì santo, detto Pasqua secondo la concezione ebraica, ossia giorno dell’immolazione dell’agnello.
A partire dal VII secolo, tuttavia, come osservava monsignor Enrico Cattaneo, si andò affermando nella Chiesa una nuova concezione del periodo di preparazione alla Pasqua. Innanzitutto si considerò Pasqua la domenica della Risurrezione di Gesù. Inoltre all’idea di quaranta giorni di penitenza si sostituì invece quella dei quaranta giorni effettivi di digiuno dalle carni: digiuno, tuttavia, che secondo un’antichissima tradizione non si doveva praticare nel giorno di domenica. Ecco allora che partendo dal Sabato santo e contando a ritroso quaranta giorni, saltando le domeniche, si giunge a quel mercoledì “delle ceneri” che precede la prima domenica di Quaresima. Tutta la Chiesa occidentale accettò questa formula, ad eccezione appunto di quella di Milano, dove fino ad oggi si è conservata la più antica e precedente tradizione.
Ma poiché proprio a Milano si voleva tener fede al precetto di non digiunare nel giorno del Signore, come anche il santo padre Ambrogio aveva raccomandato, i milanesi conclusero che il giorno di “saluto alla carne” – tale è, infatti, l’etimologia della parola “carnevale” – era precisamente la prima domenica di Quaresima, prolungando così il carnevale ambrosiano fino alla notte tra la domenica e il lunedì…
Questa usanza tutta milanese di una “Domenica grassa” è testimoniata nei secoli da cronache e documenti. Che riportano anche i tentativi, da parte delle civiche autorità, di limitarne gli eccessi e gli abusi, come ad esempio al tempo di Ludovico il Moro, sul finire del Quattrocento.
Il lungo carnevale, del resto, attirava nel capoluogo lombardo folle di forestieri, provenienti da contadi in cui era già in vigore il periodo di digiuno e penitenza, con un notevole giro d’affari per mercanti e osterie. Una situazione che il vescovo Carlo, fautore di un radicale rinnovamento dei costumi, ecclesiali ma anche sociali, non vedeva di buon occhio. Il santo pastore, in particolare, non poteva tollerare che proprio quella prima domenica di Quaresima fosse vissuta come l’apoteosi dei divertimenti carnascialeschi…
Dal momento della presa di possesso della diocesi, dunque, il Borromeo si era adoperato perché anche quella domenica fosse cristianamente santificata, e a maggior ragione in quanto “introduzione” al tempo quaresimale. Trovando fiera opposizione non tanto nel popolo, quanto tra i nobili e i ricchi, che ormai ritenevano loro diritto organizzare anche in quella domenica pranzi, balli, cortei in maschera: proprio quelli, come scriveva un cronista dell’epoca, «che al primo dolor di ventre invocavano dal Vescovo una benedizione speciale…».
Finalmente, dopo la tragedia della peste del 1576, si giunse a una sorta di “compromesso”: la “domenica di carnevale” anche a Milano diventava domenica di Quaresima, mentre il carnevale si chiudeva in bellezza con il “Sabato grasso”. Da lassù il patrono Ambrogio certamente approvava.