«Ciò che era amaro gli divenne dolce». Francesco si china sul lebbroso, l’abbraccia, e amandolo si sente a sua volta amato. Dell’amore di Dio, innanzitutto. Sentendo finalmente incarnarsi la più limpida e ispirata delle pagine dell’apostolo Paolo: «Più grande è la carità». Sì, la conversione del Poverello d’Assisi ha inizio proprio da lì, da quell’incontro, da quel gesto, come volle ricordare lui stesso ai fratelli nel suo testamento. Che non l’hanno più dimenticato.
In questi anni il Museo dei Cappuccini di Milano ci ha abituato a piccole mostre di grande interesse, mai banali, sempre stimolanti, dimostrando come non siano necessari mezzi enormi per realizzare eventi di qualità, ma buone idee, competenza e passione. Come rivela anche la nuova rassegna oggi proposta negli spazi espositivi di via Kramer, dove attraverso una ventina di opere d’arte, alcune inedite, tutte di assoluto valore, si delinea un “ritratto” della Carità così come la tradizione cristiana ha saputo viverla e proporla, nel nome di un Dio fattosi uomo per amore, morto e risorto per la salvezza di tutti. Soffermandosi sulle implicazioni teologiche che alla caritas-amore si accompagnano, ma soprattutto presentandone le diverse simbologie, i richiami iconografici e gli esempi tratti dalle Scritture e rivestiti di artistica bellezza. Quegli stessi quotidianamente condivisi da chi si professa cristiano con le opere, ancora prima che con le parole.
Un itinerario, dunque, che non può non partire proprio dalla figura di Gesù, il Buon Pastore che per amore si fa carico di chi gli è stato affidato, specialmente di chi si è perduto. Un’immagine di grande suggestione, esemplificata nella mostra milanese dal calco di quella rinvenuta nelle catacombe di San Callisto a Roma, e particolarmente significativa, oggi, nelle celebrazioni per i 1700 anni dell’Editto di Milano, a ricordare l’emblematico passaggio avvenuto a livello iconografico di questo tema, già conosciuto in epoca pagana.
Gesù che dona se stesso, il proprio corpo, il proprio sangue, in quell’Ultima cena che, nell’istituzione dell’eucaristia, è il cuore del mistero cristiano. Dove il Figlio di Dio si fa servo, lavando i piedi degli uomini, e sintetizzando proprio in quel gesto di carità fraterna il nuovo comandamento dell’amore consegnato ai discepoli, attraverso il suo stesso esempio: «Che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi». Unico e universale mandato, come testimoniano i diversi Cenacoli – eppure tutti intimamente uguali – portati in mostra, provenienti ognuno da un convento cappuccino della Provincia lombarda.
Quindi, nella carità, l’allegoria e l’esempio. L’allegoria è quella di una donna, una madre, che dà nutrimento col proprio seno, cornucopia essa stessa di abbondanza e simbolo terreno della divina Provvidenza, come ammiriamo nella smagliante presentazione di Ludovico Carracci, quadro concesso in prestito dai Musei Capitolini di Roma.
L’esempio è quello celebre del Buon Samaritano, protagonista della parabola narrata da Gesù stesso in risposta a chi gli chiedeva cosa si dovesse fare per ottenere la vita eterna. E come in una sequenza cinematografica, al Museo dei Cappuccini si dipana davanti ai nostri occhi l’intero episodio evangelico, con il viaggiatore di Samaria che si china a curare le ferite dell’ignoto assalito nell’incisione derivata dal Bassano, con il suo farsi carico di quel povero disgraziato nello splendido dipinto di Domenico Fetti (che quasi tre secoli più tardi ispirerà lo stesso Van Gogh), con il momento della consegna premurosa del ferito nella locanda in un’espressiva acquaforte di Rembrandt.
Una cura per il prossimo che ritorna, con i medesimi gesti, con la medesima amorevolezza, proprio in quel capolavoro del Cerano, oggi a Brera, in cui lo stesso san Francesco risana il novizio malato. Lui, l’Alter Christus che riceve le stigmate alla Verna, ormai pronto a sciogliersi in quell’ultimo, definitivo abbraccio – eccolo nell’incantevole dipinto di Vicente Carducho, da Madrid per la prima volta in Italia – con Gesù Crocifisso, fonte d’ogni amore. La carità nell’arte, l’arte della carità.