Cinque giorni per fare esperienza dello straordinario nell’ordinario, per vivere la «meraviglia, vigilia di ogni cosa». È questo il senso di «Soul. Festival di spiritualità», che si terrà a Milano, nella sua prima edizione, dal 13 al 17 marzo. Un’iniziativa che, come sottolinea il vicario episcopale monsignor Luca Bressan – tra i curatori del progetto – «nasce da un percorso di riflessione lungo di anni, iniziato dopo Expo».
Qual è il collegamento con l’Esposizione universale del 2015?
Osservando la capacità che ha avuto quell’evento di provocare ricadute culturali, capacità di riflessione, modificazione degli stili di vita, ci si è chiesti come aiutare il contesto metropolitano a riflettere sui fondamenti del legame che ci unisce tutti. Quest’idea, come quella de «I dialoghi di vita buona», è riuscita più volte ad aiutare una città come Milano, in forte cambiamento, a leggere quali siano i fondamenti di questo legame e la dimensione trascendente che ci tiene insieme nella metropoli o, meglio, nelle tante città che vanno sotto l’unico nome di Milano. Da qui la scelta di offrire un evento culturale che potesse sollecitare coloro che attraversano la città, a interrogarsi sulla dimensione fondamentale dello stare insieme e, quindi, sul senso della vita.
Chi ha organizzato «Soul»?
Gli Enti promotori sono l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Arcidiocesi di Milano, con il patrocinio del Comune di Milano e il contributo di molti partners. Il progetto è maturato anche all’interno della redazione della Rivista del Clero Italino e, potremmo dire, si è allargato con l’apporto di alcuni docenti della Cattolica. Ci ha ispirato anche ciò che ha scritto l’Arcivescovo nelle Sette lettere per Milano a proposito dell’audacia del pensiero, così come la logica del Festival di spiritualità di Torino. Il tema, tuttavia, ritengo che riguardi tutti e sia di portata nazionale e anche internazionale, essendo partiti dalla dimensione antropologica che condividiamo come umani. Pur essendo, evidentemente, la Diocesi e la Cattolica due soggetti identitari legati alla nostra fede, ciò che ci interessa non è sottolineare l’identità, ma giocare un ruolo di promozione culturale, permettendo alle persone di riconoscere che ognuno ha dentro di sé un desiderio di trascendenza senza il quale non si trova il senso del vivere quotidiano.
L’Arcivescovo parteciperà a qualche evento del Festival?
Sì, sarà protagonista di uno dei momenti-clou. Il 17 marzo, domenica mattina, infatti, porterà la sua riflessione all’alba sulle Guglie del Duomo, riconoscendo nel sole che sorge uno dei modi attraverso cui, ogni giorno, vediamo la meraviglia e l’eccedenza del senso trascendente che ci genera. Il sole che sorge richiama chiaramente la Pasqua che celebreremo dopo pochi giorni. In questa proposta abbiamo coinvolto anche don Paolo Alliata e don Luigi Garbini, perché vi saranno anche la lettura di alcuni testi e un’animazione musicale.
Che profilo avranno gli eventi del Festival?
Saranno una cinquantina (qui il programma completo) e di diverse tipologie con lezioni e dialoghi, lectures spettacoli, concerti, performances artistiche, laboratori esperienziali, momenti meditativi e anche attività per le scuole. La meraviglia ci abita e dobbiamo solo aprire gli occhi e avere il tempo per contemplarla.