Prigioniero di Teodorico, stanco e amareggiato, lontano dalla sua amata biblioteca, Severino Boezio ripensava forse alla sua vita, spesa nel tentativo di conciliare tradizione antica e fede cristiana, civiltà romana e società germanica. Aveva lottato contro accuse e calunnie, ma nessuna prigione aveva potuto imbavagliare la sua voce libera. E proprio in quell’agro Calventiano in cui era stato confinato, tra Milano e Pavia, egli scrisse la sua opera più bella e profonda, la Consolazione della filosofia, altissimo testamento spirituale nel momento del martirio. Era l’anno 525, esattamente quindici secoli fa.
Per lungo tempo gli studiosi hanno discusso sul luogo in cui Boezio visse i suoi ultimi giorni. Don Luigi Biraghi, a fine Ottocento, non aveva dubbi: quella località, «Calvenzano», era da individuarsi nei pressi di Melegnano, a Vizzolo Predabissi, dove la rossa mole della basilica di Santa Maria sembra infiammare il cielo. Oggi pochi hanno tale certezza, e ciò nonostante tutto quaggiù pare ancora sussurrare il nome di Severino e della sua opera insigne…
Al di là delle suggestioni, la splendida chiesa romanica è una straordinaria realtà, che dopo un lungo abbandono è stata infine restaurata nelle mura e riconsacrata, una ventina di anni fa.
Poco si conosce della storia e delle vicende di Santa Maria in Calvenzano. Sappiamo che tra il 1088 e il 1093 l’arcivescovo Anselmo ne ratificò la concessione ai monaci di Cluny, che dalla Borgogna stavano diffondendo in tutta la cristianità un nuovo spirito di riforma.
Il grande affresco absidale, raffigurante l’Incoronazione di Maria, è databile invece alla prima metà del Trecento, nel periodo di maggior splendore dell’abbazia di Calvenzano. Nei secoli l’edificio subì poi alcuni rimaneggiamenti: nella facciata, ad esempio, dove sconsideratamente fu abbattuto il nartece, simile forse a quello dell’abbazia di Chiaravalle.
Integra e di straordinario interesse è la raffigurazione del portale, una delle creazioni più alte della scultura lombarda del XII secolo. Nella ghiera, infatti, si sviluppa l’incantevole racconto dell’infanzia di Gesù, con episodi ispirati ai Vangeli, anche apocrifi. Erode, nell’ultimo riquadro, appare immerso in una tinozza, nel tentativo di lenire i lancinanti dolori che l’hanno assalito dopo la strage che ha ordinato. Episodio raramente rappresentato, ma monito ai potenti, a temere la giustizia divina. E forse anche un richiamo esplicito al martirio di Boezio per mano di Teodorico, nel paragone con gli Innocenti assassinati da Erode
Per informazioni e visite: www.inagrocalventiano.it.