Strenuo sostenitore della preparazione teologica e culturale del suo clero, già nel primo concilio provinciale del 1565 il Borromeo fece obbligo agli ecclesiastici ambrosiani di dotarsi di una biblioteca minima ed essenziale, costituita dalla Bibbia e dal catechismo del Concilio di Trento. Mentre nei successivi sinodi diocesani, si aggiunsero i testi capitali di Ambrogio, Agostino, Bernardo e Cipriano, fino a comprendere la Summa di Tommaso d’Aquino: strumenti-base della nuova pastorale, ai quali si affiancavano le raccolte di omelie, da cui attingere per la predicazione.
Date queste premesse, potrebbe sorgere la curiosità di conoscere quale sia stato il rapporto di san Carlo stesso con i libri, e quali testi fossero presenti nella sua biblioteca personale, che, come poterono testimoniare i suoi collaboratori più stretti, era assai ricca e raffinata.
La sete di conoscenza e l’amore per i libri, del resto, avevano accompagnato il giovane Borromeo fin dagli anni universitari a Pavia. A Roma, lo zio papa Pio IV destinò a Carlo alcuni fondi librari, come quello, particolarmente importante, di Giulio II. Motivo per cui nella sua biblioteca erano presenti non solo volumi a stampa, ma anche preziosi codici antichi.
Per testamento l’arcivescovo di Milano volle lasciare il suo patrimonio librario al Capitolo del Duomo, a cui attinse poi copiosamente suo cugino Federico al momento della fondazione della Biblioteca Ambrosiana. Proprio, in Ambrosiana, infatti si conserva anche il catalogo della biblioteca di san Carlo, la cui analisi può rilevare gli interessi e gli studi di una vita intera, e soprattutto gli orientamenti dell’ultimo ventennio, quello interamente dedicato alla cura pastorale della Diocesi.
Nell’elenco si contano così oltre mille titoli di teologia, 130 di filosofia, 270 di storia, 195 di poesia (in gran parte antica). Altri 130 testi riguardano l’oratoria, 99 sono quelli «umanistici», un centinaio quelli «scientifici» (tra astronomia, agricoltura, medicina e perfino anatomia). Con ben 26 edizioni della Bibbia.
Molte sono le opere dei padri della Chiesa, con Agostino e Ambrogio su tutti, e Tommaso d’Aquino che fa la parte del gigante.
Nella biblioteca di san Carlo c’erano insomma tutti i libri che ci si aspetterebbero sugli scaffali di un cardinale di santa romana Chiesa dopo il Concilio di Trento. Ma anche molto di più. Con titoli modernissimi, di autori italiani e stranieri, a riprova dell’interesse del Borromeo per quanto andava maturando anche fuori dalla terra ambrosiana. E con testi insoliti e per nulla scontati, come quelli messi all’Indice di Erasmo da Rotterdam o del Savonarola.