«Un avvio di slancio, un percorso di ricerca comune e collettiva al quale collaboreranno coloro che ne sono testimoni. Una ricerca intorno allo spirito, al soul che si diverte molto a sottrarsi all’indagine, a provocare l’intelletto, a cambiare nome. Non vi è alcun dubbio che le cose che ci verranno dette saranno fonte di meraviglia».
Nelle parole con cui il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Franco Anelli, apre nell’Aula magna dell’Ateneo la prima edizione di «Soul Festival di Spiritualità», c’è tutto il senso di un’iniziativa che per cinque giorni offrirà oltre 50 eventi gratuiti di diversa natura, tradizioni e discipline differenti. Volutamente diffuso in tanti luoghi significativi della città, il Festival, promosso dalla Cattolica e dall’Arcidiocesi di Milano sul tema «Meraviglia, la vigilia di ogni cosa», si inaugura con la lezione del notissimo scrittore Alessandro Baricco, «Tutto mi meraviglia», per la quale in Aula magna, nelle aule collegate, ma anche in streaming, si riuniscono centinaia di persone.
I saluti istituzionali
A rappresentare l’Arcivescovo è monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale e co-curatore del Festival, che, con un verso del poeta polacco Jan Twardowski – «Dio si è nascosto perché il mondo si vedesse, l’amore invisibile non fa schermo di sé» – spiega l’intenzione con cui l’Arcivescovo stesso e la Chiesa di Milano partecipano a «queste cinque giornate di Milano». Nel cui contesto, domenica 17 marzo all’alba, monsignor Delpini salirà sulle Terrazze del Duomo per un’esperienza meditativa accompagnata da lettura di brani letterari e musica. «Il nostro compito è quello di allenarci con disposizione, maestri e strumenti a scoprire la meraviglia», conclude monsignor Bressan.
Quella meraviglia che ci sottrae alla «disattenzione in cui tutti ci troviamo immersi, che è simbolo di “Soul”, che allude a un modo di stare al mondo», dice da parte sua Aurelio Mottola, ideatore e anch’egli co-curatore della kermesse. «Esposti improvvisamente all’esperienza della vulnerabilità durante la pandemia, non abbiamo avuto parole per descrivere quel vissuto. L’azzardo di questo Festival è di rimettere in circolo le parole dello spirito, come apertura interrogante all’altro. Un azzardo per una smart city come Milano, che dà il meglio di sé quando riesce a coniugare questa tensione al nuovo con le esigenze dello spirito. In una prospettiva laica vorremmo che in “Soul” si parlassero e ascoltassero realtà aperte, disponibili ad arricchirsi le une le altre sull’umanità che è comune, di cui la meraviglia è dimensione sorgiva», sottolinea Mottola, auspicando che «si trovi materia per stupirsi almeno un poco».
Baricco: meraviglia, stupore e bellezza
Affascinante, nelle sue tante risonanze poetiche e filosofiche, l’intervento di Baricco non delude le attese del pubblico che lo accoglie con un lungo applauso.
«Meraviglioso è un termine finale che racconta di una mente che mescola meraviglia e stupore», osserva subito lo scrittore che è anche drammaturgo, sceneggiatore e autore radiofonico e televisivo, e che prende spunto, per la prima parte della sua lezione, da Gustave Flaubert, e dal suo più famoso romanzo, Madame Bovary, perché è un autore «che ha attenzione per l’uomo nel suo essere pezzo della terra e animale sociale»
E anche se Proust diceva che Flaubert «non era elegante nella scrittura», la lettura di alcuni brevi stralci del romanzo non possono, in effetti, che meravigliare. A partire dal quell’invito dei coniugi Bovary a una grande festa nel castello aristocratico di Vaubyessard: «Lo scrittore – evidenzia Baricco – costruisce una sorta di film intorno a tutto quello che Emma vede, in un tempo molto lento che talvolta si ferma, come quando entra nella sala da pranzo, e che ferma anche il lettore. Allora vedere non era banale perché, al tempo, le persone non avevano un patrimonio di immagini come noi oggi e il romanzo era una sorta di realtà virtuale. Così il lettore percepisce la meraviglia, come madame Bovary che si guarda intorno», in una sala dove gli oggetti stessi descritti da Flaubert sembrano agire e animarsi.
«Dove c’è una meraviglia accade che il mondo si schiuda su qualcosa che non è ancora nostro, ma che potrebbe diventarlo, come la spaccatura che si crea nella vita di Emma quando vede uno scenario diverso, che insieme la stupisce e le sembra bellissimo, il mondo dei ricchi. Un’esperienza di questo tipo apre una fenditura. Ciò accade davanti alle opere d’arte, alla musica, con cui stabiliamo un contatto vero, allorché si spalancano finestre su qualcosa: un’idea di bellezza, di uomo, di natura, di mistero. Flaubert ci insegna che l’istante della meraviglia è una soglia (da cui si può tornare indietro), ma anche che stare su questa soglia, la sensazione di oscillazione su questa soglia, è uno dei momenti dell’umano in cui vi è una grande leggerezza».
L’esperienza spirituale
Per questo, oltre allo stupore e alla bellezza, nella meraviglia occorre aggiungere la sensazione, quasi fisica, di oscillazione «che noi tutti conosciamo benissimo nell’esperienza dell’amore che, appunto, è sempre collegata a una “crepa” nel nostro mondo, regalandocene un altro che talvolta andiamo ad abitare e che è un ampliamento della nostra patria». E se per Emma il mondo si spacca orizzontalmente nel gioco tra ricchezza e scalata sociale, rimanendo a livello terrestre, «vi sono delle situazioni che sono “pieghe verticali” e lì ha sede quella infinita serie di esperienze che racchiudiamo nel termine dimensione spirituale». Come contemplare lo spettacolo della natura – che non è sempre stato proprio dell’uomo, ma che ha avuto negli ultimi due secoli il suo momento di gloria e noi siamo eredi di questo atteggiamento, suggerisce Baricco – che «scatena il senso di grandezza e fa percepire un progetto maggiore e ordinato su tutto, un’idea di perfezione non umana».
E così pure l’esperienza di tipo mistico, nella speranza di potersi collegare con un’energia del mondo, un respiro superiore, come racconta Plotino, filosofo del III secolo, padre del neoplatonismo, a cui Baricco dedica la seconda parte della lezione. Plotino si chiede, dopo l’esperienza dell’andare nel più profondo di se stesso, «contemplando allora una bellezza meravigliosa, una quiete in seno al divino», come tornare nell’imperfetto di ogni giorno, «cercando di riportare nella curva bassa della continua oscillazione tra il tutto e il qualcuno – l’individualità -, la curva alta: un frammento di spirituale». Quello in cui, come scriveva il filosofo, «tutto è trasparente, non vi è nulla di oscuro che opponga resistenza, ogni cosa è visibile per tutte le altre fino nell’intimo, perché la luce è trasparente alla luce e ogni cosa ne racchiude in sé tutte, in modo che in qualunque luogo vi è ciascuna cosa». E lo splendore non ha limiti.