Sabato 2 febbraio a Milano presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (via dei Cavalieri del Santo Sepolcro 3) inizia il corso di formazione “Arte, fede e cultura” sul tema “Porta fidei. Anche l’immagine è predicazione evangelica”. Il corso è composto da nove appuntamenti, dal 2 febbraio al 13 aprile. In allegato il programma completo.
È organizzato dall’Ufficio per i Beni culturali della Diocesi di Milano in collaborazione con l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e i Servizi diocesani per il Catecumenato, per la Catechesi, per la Pastorale del turismo e l’Insegnamento della Religione cattolica ed è rivolto ai docenti, agli animatori pastorali, ai catechisti, alle guide turistiche e ai cultori dell’arte.
Il corso è orientato a proporre una scuola metodologica affinché i diversi operatori della catechesi, gli insegnanti, le guide, possano mostrare come attraverso le opere d’arte presenti in ogni comunità ecclesiale sia possibile la comunicazione della fede. Le “lezioni” saranno tenute da biblisti, teologi, docenti e storici dell’arte anche di provenienza extra diocesana.
In stretta sintonia con l’Anno della fede voluto da Benedetto XVI il corso proposto per l’anno 2013 ha come titolo quello stesso della lettera del Papa: “Porta fidei”. È dunque il tema e l’immagine della “porta” a essere, a vari livelli, il filo conduttore di tutte le relazioni e gli approfondimenti.
L’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, incoraggia l’iniziativa: «Sono molto lieto che nella nostra diocesi si faccia questo lavoro di approfondimento su arte e fede ed incoraggio tutti i partecipanti a viverlo con autenticità e ad avere le energie per proporlo all’interno delle realtà parrocchiali, delle Associazioni e dei Movimenti, a tutti i battezzati e anche ai fratelli e sorelle di altre religioni». Il cardinale Scola afferma, inoltre, che: «La grande tradizione cristiana insegna che il bello è lo splendore del vero. È molto importante richiamare questo nel clima culturale, oggi dominante, soprattutto nel Nord del pianeta, in cui il vero fatica a trovare la sua strada». E ancora: «In questo contesto le forme espressive del vero vanno utilizzate in tutte le loro peculiarità: tra queste la bellezza è, da sempre, una delle forme privilegiate perché, partendo dal concreto, è capace di dilatare lo sguardo all’universale. La bellezza è quindi in grado di dare risposta alle domande sul senso e la direzione del cammino terreno».