Come larve di luce in una solenne oscurità s’agitano le figure di Alessandro Magnasco, nervose, inquiete, improvvise. Ma l’occhio dello spettatore, infine, è rapito da quel rosso guizzante di un manto cardinalizio, sangue pulsante, goccia stillante il martirio quotidiano della mortificazione, la gloria imperitura dell’umiltà. Carlo, il vescovo santo, il paterno pastore, accoglie e s’inchina, invita e accarezza, gioendo in cuor suo di quei nuovi collaboratori che intera la vita vogliono offrire a Cristo e alla sua Chiesa, in terra ambrosiana: gli oblati. Il visionario pittore genovese, che a Milano trovò la sua ispirazione più alta, coglie con pochi tratti espressionisti la commozione di un momento, rendendo l’essenza stessa di un’epoca: quella, rivoluzionaria, del Borromeo, sugli altari dal 1610, nei cuori del popolo cristiano da sempre.
È un’impresa da far tremare i polsi, quella a cui si sono accinti il prefetto dell’Ambrosiana, monsignor Franco Buzzi, e lo storico dell’arte Stefano Zuffi, in occasione del quarto centenario della canonizzazione di san Carlo: illustrare per immagini il sentimento del sacro dagli anni borromaici agli inizi del Ventesimo secolo, così come è stato tradotto e interpretato in Lombardia da artisti e pittori. Il risultato è in una grande mostra, promossa dal Comune di Milano, che sarà inaugurata il prossimo 6 ottobre nelle sale di Palazzo Reale: un cammino di arte e di fede lungo tre secoli, fitto di capolavori, ricco di personalità, variegato negli esiti, ma percorso da un unico filo rosso. Rosso come la veste di san Carlo, appunto, come la sua spiritualità intensa, come il suo amore per gli ultimi e per tutti.
La rassegna milanese inizia, e non poteva essere diversamente, con i “pestanti” di testoriana memoria, i pittori cioè che lavorarono per Carlo prima, per Federico poi, in quei decenni piagati dall’infuriare del morbo, ma che furono anche febbricitanti per iniziative pastorali, per interventi caritativi, per imprese culturali: un’autentica rivoluzione, una riforma religiosa che riuscì a trasformare la società stessa, e che coinvolse in prima persona intellettuali e artisti. Come il Cerano, appunto, o il Morazzone, o Tanzio da Varallo, o, ancora, i Procaccini, e poi, poco oltre, Daniele Crespi, Francesco Cairo, il Montalto. Tele, le loro, vibranti di passione, intense di commozione, e tuttavia didattiche – nel senso più alto e più nobile del termine – nell’educazione alla fede, proprio secondo gli auspici del Concilio di Trento.
La pittura sacra del tardo Seicento e del primo Settecento vede quindi il parallelo tra alcuni importanti maestri lombardi (da Filippo Abbiati al Legnanino, da Andrea Lanzani ai diversi membri della famiglia valtellinese dei Ligari) e artisti provenienti da altri regioni, come Andrea Pozzo e, soprattutto, Sebastiano Ricci, grande protagonista del rinnovamento della pittura barocca, attivo a Milano, ma anche a Monza, a Pavia e a Bergamo. Senza dimenticare, come si accennava all’inizio, quella personalità inquieta, singolare quanto straordinaria, che fu, appunto, Alessandro Magnasco.
Poi, in pieno XVIII secolo, il ciclone Tiepolo. Dal Veneto, come una tempesta di colori, la sua pittura investì anche il territorio lombardo, e più nulla fu come prima, come testimonia, in mostra, la smagliante pala d’altare con il Battesimo dell’imperatore Costantino. Per ritrovare un simile impatto, anche nell’arte sacra, bisognerà attendere la tavolozza sensuale di Francesco Hayez, il “venerato” pittore del Bacio braidense, il cui San Michele Arcangelo è un campione di bellezza apollinea, trasfigurata in celestiale armonia. E così, a dominare il passaggio tra Otto e Novecento, la possente tavolozza di Mosè Bianchi, il quieto lirismo di Gaetano Previati.
Una palpitante galleria, insomma, di martiri in estasi, di profeti ispirati, di Madonne in pensosa attesa… Ma su tutto, ancora lui: Carlo il vescovo, il santo, l’uomo, abbracciato alla Croce, lo sguardo in quello di Cristo, sua vera forza, sua unica fonte.
La mostra sarà visitabile a Palazzo Reale a Milano dal 6 ottobre 2010 al 6 gennaio 2011, tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30 (lunedì dalle 14.30, giovedì e sabato fino alle 22.30). Ingresso 9 euro (ridotto 7.50 euro). Per informazioni, tel. 02.54.2756.