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Rassegna

Evangeliari, tesori d’arte nella diocesi ambrosiana

Antichi e rari codici insieme a preziosi capolavori d'oreficeria, dall'epoca paleocristiana al Medioevo.

di Luca FRIGERIO

17 Settembre 2010

Tra il V e il IX secolo anche la Chiesa ambrosiana approntò un suo proprio evangeliario, il libro liturgico, cioè, che riporta “per esteso” le pericopi evangeliche da leggersi nella prima parte della celebrazione eucaristica, secondo il calendario liturgico annuale. Considerando che il sistema delle letture, e in particolare quella dei Vangeli, è sempre stato un elemento fondamentale della tradizione liturgica, si comprende come ben presto proprio attorno all’evangeliario si sia sviluppato un ricco accompagnamento cerimoniale (come la processione all’ambone, l’ostensione e l’incensazione del libro stesso), che portò di conseguenza a una particolare cura artistica sia nella decorazione del testo, sia nel rivestimento delle sue pagine: cura che, soprattutto in epoca medievale, ha prodotto opere di raffinata bellezza.

Il Codice di Busto

In diocesi di Milano la prima testimonianza, a tale riguardo, è quella dell’Evangeliario della Biblioteca Capitolare di Busto Arsizio, raro documento della seconda metà del IX secolo, redatto su pergamena in bella scrittura minuscola carolina, probabilmente copia di un originale più antico. Questo codice, oggetto di un recente convegno di studi, contiene circa 180 brani evangelici e presenta un indice con la sequenza delle letture attribuite a ciascuna festività dell’anno liturgico. A Busto quest’opera è conservata dal 1625, ma ancora sconosciuta resta la sua origine, così come la comunità religiosa, certamente importante, per la quale venne realizzata. Presso la Biblioteca Ambrosiana, inoltre, è custodito un evangeliario di poco posteriore a quello bustocco e pressochè corrispondente.

L’Evangeliario Purpureo

Ancora precedente, e cioè databile paleograficamente tra il V e il VI secolo, è poi il cosiddetto Evangeliario purpureo che si trova nell’archivio parrocchiale di Sarezzano, in provincia di Alessandria. Sebbene non si tratti, in senso tecnico, di un vero e proprio evangeliario, ma di un codice del vangelo di Giovanni con l’aggiunta di note per un utilizzo liturgico, questo manoscritto è di eccezionale valore perchè fornisce la più antica testimonianza finora conosciuta dell’originaria liturgia ambrosiana.

Il grande vescovo Ariberto

L’Evangeliario di Ariberto, invece, è considerato il più importante esempio di oreficeria romanica in Lombardia. Non si tratta, infatti, di un testo liturgico ma della sua sontuosa, straordinaria copertura. Sulla parte frontale di questo mirabile capolavoro, tutto in lamina d’oro impreziosita da delicate filigrane e da splendide gemme multicolori, magnifici smalti dai toni azzurri, viola e verdi, disposti secondo un ritmo elegante quanto ordinato, evocano il rapporto fra il sacrificio di Cristo e la salvezza del mondo. Al centro, infatti, campeggia Gesù sulla Croce (sovrastata dalla scritta «Lux Mundi»), con ai lati il centurione Longino con la lancia e un soldato che porge la spugna d’aceto, mentre, poco discosti, stanno la Vergine e san Giovanni evangelista. All’altezza della trave orizzontale della Croce, invece, sono inserite due placche che raffigurano, a destra, Gesù che conduce il Buon Ladrone in paradiso e, a sinistra, una delle Pie donne al Sepolcro. In basso, ecco il Salvatore disceso nel Limbo per trarne le anime dei giusti, così come, nella parte superiore, vi è la scena dell’Ascensione. Di grande efficacia espressiva sono anche le figure di sant’Ambrogio e di san Satiro.
Ariberto da Intimiano fu il grande vescovo che resse le sorti della Chiesa ambrosiana nella prima metà dell’XI secolo, l’“ideatore” del Carroccio e il protagonista della dura lotta politica tra il libero Comune di Milano e i suoi diversi nemici, primo fra tutti l’Impero. Egli, tuttavia, legò il suo nome anche a opere d’arte di eccezionale valore, come appunto questo Evangeliario che oggi è una delle gemme più splendide del Tesoro del Duomo di Milano.

Un dittico eburneo

Come del resto il cosiddetto Dittico delle cinque parti, altro capolavoro conservato nella cattedrale ambrosiana, ma di epoca paleocristiana. Opera di bottega ravennate, iconograficamente ispirata a modelli orientali, e in particolare siriaci, questa straordinaria coperta eburnea risale infatti al V secolo. Sulla valva anteriore sono raffigurate scene dell’umanità di Cristo, inquadrate in alto dai simboli degli evangelisti Matteo (angelo) e Luca (bue) e in basso dai loro busti. Gli otto episodi della vita di Maria e dell’infanzia di Gesù incorniciano il motivo centrale dell’Agnello mistico, che è sbalzato e incastonato di pietre dure. La valva posteriore, invece, con i simboli (leone e aquila) e i busti degli evangelisti Marco e Giovanni è dedicata alla divinità di Cristo, con al centro un portale nel quale si staglia una croce d’argento tempestata di perle e di gemme.

Fra i tesori dell’Ambrosiana (video)