«San Carlo venne recepito in qualche modo come il “prototipo” del vescovo in cura animarum, il modello ideale del pastore post-tridentino», ricorda il cardinale Dionigi Tettamanzi. E le sue parole sembrano avere un immediato riscontro proprio nel grande dipinto del Cerano che si staglia davanti a lui, dove perfino sant’Ambrogio è ritratto con il volto del grande Borromeo…
La sala dell’Ambrosiana è gremita: studiosi, docenti, cattedratici, per lo più. Un pubblico di specialisti, certo, perchè quello che si celebra è il Dies Academicus della classe di studi borromaici, che quest’anno assume un significato del tutto particolare, inserendosi nell’anniversario del quarto centenario della canonizzazione del copatrono della diocesi ambrosiana. Così particolare da essere stato concepito come un convegno articolato in ben tre giornate di studi sotto il titolo: «Carlo Borromeo e il cattolicesimo dell’età moderna. Nascita e “fortuna” di un modello di santità».
Ai diversi e qualificati relatori, osserva ancora lo stesso arcivescovo di Milano, che dell’Accademia Ambrosiana è il Gran Cancelliere, tocca infatti «l’indagine critica sulle varie dinamiche che hanno portato alla formazione di questa figura ideale: il contesto religioso, quello sociale e persino il contesto politico della Milano del primo Seicento, nella quale nacque l’esigenza di avere in Carlo Borromeo un “santo” con l’attivarsi di tutte quelle procedure che di fatto portarono felicemente alla sua canonizzazione». E ancora la ricaduta di questo modello di santità nei vari ambiti culturali, la sua ricezione nelle diverse aree geografiche, la sua traduzione in termini iconografici…
Un appuntamento di grande importanza, insomma. Anzi, l’evento culturale dell’anno per la diocesi di Milano. E tuttavia il cardinal Tettamanzi non rinuncia neppure in questa occasione a ripetere come, accanto alla doverosa indagine accademica, sia necessario far conoscere san Carlo «anche a livello popolare», con iniziative semplici ma intelligenti, pastoralmente efficaci e culturalmente incisive, per mostrare come l’insegnamento del Borromeo, lungi dall’essere inattuale, sia invece «attualissimo, anzi di particolare urgenza, se vogliamo salvarci da alcune derive pericolose di carattere morale sia in ambito personale, sia, soprattutto, in ambito pubblico». Come, peraltro, l’arcivescovo di Milano ha sottolineato, sulla scorta del suo illustre predecessore cardinal Montini, anche nel suo recentissimo libro dal titolo volutamente provocatorio: San Carlo, un riformatore inattuale.
Ma questo Dies Academicus 2010 sarà anche ricordato come quello del “completamento” dell’Accademia Ambrosiana che, da statuto, comprende ora sette classi: quella di Italianistica, quella di Patristica ambrosiana, quella Borromaica, quella di Slavistica, quelle del Vicino e dell’Estremo Oriente, e, per l’appunto, l’ultima a essere ufficialmente istituita in questa occasione, quella di studi Greci e Latini. Classe affidata a un giovane accademico, già direttore: don Federico Gallo. Così come la classe di studi borromaici trova d’ora in avanti la sua nuova guida in don Alberto Rocca.
«Questa rinnovata organizzazione dell’Accademia», ha spiegato con la consueta amabilità il prefetto, monsignor Franco Buzzi, «rappresenta innanzitutto l’impegno e la volontà dell’Ambrosiana di dialogare con tutti, attraverso il lavoro e il contributo di oltre cinquecento studiosi di tutto il mondo». Sette classi di studi che, ogni anno, produrranno ciascuna uno specifico annuario, a cui si aggiungeranno particolari saggi monografici. Come quello, fra gli altri, che è stato presentato proprio nel corso di questa serata, la pubblicazione del manoscritto inedito di Biagio Guenzati, dottore dell’Ambrosiana del XVII secolo: una biografia del cardinal Federigo Borromeo che potrebbe identificarsi con la fonte a cui attinse lo stesso Manzoni per i suoi Promessi Sposi.
Infine la prolusione del professor Simon Ditchfield, docente di storia moderna presso l’università inglese di York, ha riportato l’attenzione sulla figura di san Carlo, inserendola, con un approccio originale, nella “costruzione” del cattolicesimo romano come religione universale. Un’autorevole introduzione a quelli che sono i temi delle altre giornate di convegno, dalla “seconda” età borromaica (1610 e dintorni) alle pluralità dei canoni iconografici, fino all’universalità di una santità “moderna”.
Mentre l’Ambrosiana, fedele al suo mandato, apre le porte al pubblico mostrando i suoi tesori più nascosti, come le carte e i documenti vergati dalla mano stessa di san Carlo, posti accanto alle opere d’arte care al Borromeo e fedeli alla sua memoria.
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