018/04/2008
di Luca FRIGERIO
Dodi, mio amato, mia diletta. Per oltre trenta volte questo dolce vezzeggiativo risuona nel Cantico dei cantici, cioè il cantico per eccellenza, quello più bello, inno all’amore di straordinaria intensità e di ineguagliata poesia. «Il mondo intero non è degno del giorno in cui il Cantico è stato donato a Israele», affermava colmo di meraviglia, quasi duemila anni fa, rabbì Aquila , uno dei maestri del Giudaismo. «Magna Charta dell’umanità » è tornato a definirlo nel nostro tempo il grande teologo protestante Karl Barth. Un poemetto lirico solo apparentemente “avulso” dal resto dei testi biblici, e invece ammantato di autentica religiosità, perchè parla della condizione umana magnificandone uno degli aspetti essenziali, il rapporto fra l’uomo e la donna, allegoria dell’alleanza stessa fra il Creatore e la sua creatura.
A dare vita e forma artistica agli evocativi versetti del Cantico dei Cantici è oggi Alessandro Nastasio, attraverso venticinque xilografie di ammaliante bellezza, che sono state presentate a Milano presso la basilica di San Babila con un’introduzione di monsignor Gianfranco Ravasi. Immagini vigorose, sensuali, vivacissime, capaci di rendere fin dal primo impatto visivo tutta la vitalità, e perfino la fisicità, del sapienzale componimento attribuito a Salomone. Con segno essenziale, potentemente espressivo, dalla comunicatività immediata, e tuttavia con poetica levità.
Non è occasionale l’interesse di Nastasio per la pagina biblica. L’artista milanese, classe 1934, nella sua lunga e prolifica carriera si è infatti confrontato con le tribolazioni di Giobbe, con gli ammonimenti di Qohelet, e soprattutto con il Vangelo giovanneo, da dove ha tratto la consapevolezza stessa della sua arte, che è per sua stessa natura “incarnata”, secondo il Mistero di un Dio che si è fatto uomo per amore. Tanto gli basta, così, per rivendicare una sua originale e convincente ricerca, tenendosi alla larga da edulcorate immaginette devozionistiche quanto da inconcludenti figurativismi astratti: illustrazioni, le une e le altre, che sotto una smaccata pretesa di religiosità spesso non hanno nulla di veramente sacro . Né di umano, infine.
Dal Cantico dei cantici Alessandro Nastasio spreme dunque il “succo”, dolce dei baci e degli abbracci dei biblici sposi, pieno delle quotidiane occupazioni, pungente dei timori per l’amato bene. Così che ogni opera appare in realtà come divisa in due parti, alto e basso, nella rappresentazione dell’azione e del pensiero, del positivo e del negativo, delle cose terrene e di quelle celesti. Senza però dualismi manichei né forzate contrapposizioni, riconducendo invece il tutto a quella divina armonia che solo l’amore può interamente ricreare.
Ma queste tavole, tirate da matrici in legno di tiglio che il nostro maestro ha inciso con gusto artigiano, prima ancora che con artistica abilità, colpiscono soprattutto per l’esuberanza dei colori. Blu marini, gialli solari, rossi infuocati, verdi smeraldini, accostati seguendo le vibrazioni e i sussulti del dialogo fra i due biblici sposi, facendo compartecipare lo spettatore alla medesima gioia, con la stessa emozione. E non è solo la suggestione del testo, crediamo. Ècome se Nastasio, generoso artisticamente e umanamente, con il passare degli anni e l’avanzare dell’età, a differenza di molti suoi colleghi che si chiudono e imprecano, vada scoprendo una ritrovata serenità, una rinnovata gioia di vivere. Contagiosa, speriamo.
Le 25 matrici xilografiche su legni di tiglio
che illustrano il Cantico dei Cantici,
incise con sgorbie da Alessandro Nastasio,
sono in mostra fino al 19 aprile a Milano
presso la Sala Ceriani (Corso Venezia, 2/A),
dalle ore 16 alle 19.
Tirate in 33 esemplari,
sono introdotte da monsignor Gianfranco Ravasi
e presentate da Alberico Sala.
Dopo la chiusura della mostra sarà possibile comunque
contattare Alessandro Nastasio nel suo atelier a Milano,
in via Eustachi 22.