(25.01.08)
Il tema dell’antisemitismo è tornato in maniera preoccupante alla ribalta in questi ultimi anni. Nella complicata situazione del Medio Oriente – in particolare – il conflitto politico tra israeliani e palestinesi è tornato pericolosamente a sovrapporsi con forme di odio che hanno colpito gli ebrei in quanto ebrei . Un problema che le affermazioni negazioniste sulla Shoah del presidente iraniano Ahmadinejad hanno posto davanti agli occhi di tutti.
In una situazione così incandescente abbonda giustamente l’indignazione. Ma alcune storie pressoché dimenticate , forse, potrebbero essere una risposta molto più efficace. Storie controcorrente che – senza retorica, ma con fatti concreti – potrebbere aiutare ad andare oltre la logica dello scontro di civiltà. Sono le storie dei «Giusti dell’islam», che una mostra realizzata dal Pime intende far conoscere al pubblico italiano.
Tra i circa ventiduemila nomi dei «Giusti tra le nazioni» censiti dallo Yad Vashem, il memoriale della Shoah a Gerusalemme, figurano infatti anche quelli di settanta musulmani. Persone che – in nome di valori islamici – si diedero da fare per salvare la vita ad alcuni ebrei durante la persecuzione nazista. Con questo loro gesto hanno ricordato che la celebre frase del Talmud «Chi salva una vita salva il mondo intero», compare anche nel Corano. Ma oggi sono i più dimenticati tra i Giusti, perché politicamente scorretti sia per tanti ebrei sia per tanti arabi. Sono infatti un invito ad andare oltre le generalizzazioni facili nella percezione dell’altro e delle sue aspirazioni.
Attraverso i suoi 25 pannelli , la mostra «Giusti dell’islam» racconta alcune di queste storie. Parla di due bosniaci, tre albanesi, due diplomatici turchi e un iraniano che con il loro coraggio salvarono alcune decine di ebrei. Inoltre rende conto del lavoro compiuto negli ultimi anni dallo storico americano Robert Satloff, che è stato il primo a proporre ufficialmente allo Yad Vashem un arabo (il tunisino Khaled Abdelwahhab) come candidato «Giusto tra le nazioni».
Infine – con un rapido accenno al presente – la mostra racconta due storie di oggi, che vanno in questa stessa linea: quella del museo della Shoah aperto da un arabo a Nazareth e quella della famiglia di Jenin che ha accettato di donare gli organi del proprio figlio ucciso per errore da un soldato israeliano. Pur sapendo che israeliani sarebbero stati anche i beneficiari di questo gesto.
«Ripartiamo da queste storie – si legge nell’ultimo pannello -. Per spazzare via tutto ciò che di retorico c’è nei discorsi sulla comune discendenza da "nostro padre Abramo". E concentrarci su quei valori fondanti che soli possono rendere possibile, anche oggi, un dialogo tra identità diverse».
I testi della mostra sono di Giorgio Bernardelli, giornalista della rivista Mondo e Missione, esperto di Medio Oriente. Bernardelli ha pubblicato nel 2007 per le Edizioni San Paolo il libro «Antisemitismo. Una categoria fuori controllo», una riflessione sul filo del rasoio dedicata al ritorno dell’antisemitismo, ma anche alla diversità delle strade possibili per combattere questo tipo di fenomeno.
La mostra sarà presentata ufficialmente in occasione della Giornata della Memoria 2008 (27 gennaio). Sarà poi messa a disposizione delle scuole e delle amministrazioni locali che ne faranno richiesta, insieme a una serie di attività educative su questo tema, predisposte dall’Ufficio educazione alla mondialità del Pime di Milano.
In esposizione presso: Centro cultura e attività missionaria Pime
(via Mosè Bianchi, 94 – Milano)
Orari: dal lunedì al sabato 9-12,30 / 14-18
Info: 02.43.82.01
mondoemissione@pimemilano.com