«Umberto Eco ha fatto entrare i fumetti nella cultura, Alfredo Castelli ha fatto entrare la cultura nei fumetti», sussurra un amico con gli occhi rossi. Sta un po’ tutto qui, in una frase udita al funerale di stamattina nella chiesa di San Pietro in Sala di piazza Wagner (non lontano dalla redazione de il Giornalino, a cui ha lavorato), il contributo del multiforme autore milanese all’intera editoria italiana.
Nato a Milano nel 1947, dopo aver esordito già nel giornalino Il Pilone del liceo “Alessandro Volta”, Castelli debutta in edicola come ideatore e disegnatore dello spiritoso Scheletrino in appendice a Diabolik nel 1965, alternando subito a seguire innumerevoli competenze diverse e comunicanti con instancabile eclettismo, tanto da meritarsi ben presto l’appellativo di “vulcanico” e attirare l’attenzione di migliaia di lettori (oltre a spingere decine di autori a seguirne i passi, intraprendendo professioni legate ai suoi interessi).
Lungo i decenni Castelli è infatti stato appassionato ricercatore (fondando con un amico la prima “fanzine” italiana sui fumetti nel 1966, Comics Club 104), sceneggiatore di fumetti (da storie isolate per il Corriere dei Ragazzi a intere serie come Gli Aristocratici) ma anche di Carosello e Fiabe sonore, umorista brillante (dalle strisce esilaranti dell’Omino Bufo, scritto e disegnato male per riempire un vuoto in pagina e poi richiesto a gran voce dai lettori), redattore di riviste e curatore di collane (fino a crearne di proprie per la Sergio Bonelli Editore, come il longevo Martin Mystère tuttora in edicola dal 1982), giornalista divulgatore (specie di misteri archeologici-fantascientifici, ma sempre seguiti con rigore scientifico, con perfino un adattamento dell’Apocalisse) e studioso delle origini della cultura popolare tra fine Ottocento e inizio Novecento (dal romanzo d’appendice al fumetto in tutte le sue forme), dedicandogli decine di volumi coltissimi e al contempo piacevolissimi da leggere.
Il suo personaggio più famoso Martin Mystère, affascinante scrittore-avventuriero amante della tecnologia e soprannominato “Detective dell’Impossibile”, si è prestato spesso come testimonial di iniziative benefiche e di approfondimento culturali, oltre ad aver vissuto avventure ambientate a Milano come Scendendo (1994) nei sotterranei del Castello Sforzesco e gli albi speciali realizzati con l’Associazione Amici dei Navigli: Se a Milano ci fosse il mare (1995), In viaggio sui Navigli (2001) e Il Naviglio battagliero (2011), tra una cassoeula in osteria e suggestioni storiche alternate a sequenze d’azione tra scenografie meneghine.
Nel ricordarlo su La Verità di ieri dopo la scomparsa lo scorso 7 febbraio, Giuseppe Pollicelli terminava l’articolo lamentando che non gli si fosse mai stato assegnato un Ambrogino d’Oro e proponendo al sindaco Beppe Sala che «almeno venga inserito il suo nome nel Famedio del Cimitero Monumentale». Un invito a cui ci associamo volentieri.