Un segno di paterna e affettuosa vicinanza per i malati, per chi sta soffrendo, per tutti, per il personale sanitario che mai, come in questi ultimi giorni, sta dimostrando la sua generosità.
La Messa della III Domenica di Quaresima, che l’Arcivescovo presiede – senza, ovviamente, fedeli, a porte chiuse, trasmessa in video (dalla testata giornalistica Tgr Lombardia Rai3) -, si riveste di un forte significato simbolico. Infatti, la Celebrazione si svolge presso “San Giuseppe”, una delle 4 chiese – di cui, peraltro, l’Arcivescovo, è il parroco – interne alla Fondazione Irccs “Ca’ Granda” Ospedale Maggiore Policlinico. Concelebrano il Rito, il cappellano vicario della struttura don Giuseppe Scalvini, con i cappellani don Norberto Gamba e don Marco Gianola. Prima dell’inizio della Celebrazione, il pensiero del Vescovo va proprio a medici, infermieri e operatori.
«Ho sentito, in questi giorni, tanti cori di applausi per la lor generosità, ed è bene che ciò sia riconosciuto. Quello che si può sottolineare è che, in questa situazione di emergenza, tale naturalezza della dedizione e dell’abnegazione, sono come una rivelazione di cosa è l’uomo e la donna. Noi siamo fatti per dedicarci, per donarci perché siamo fatti a immagine di Dio: questo è il modo giusto di vivere, fare della propria vita un dono, sempre, e ora in modo particolare».
Eppure, non si può dimenticare che ci sia chi si approfitta del momento. Anche su questo triste fenomeno, parole chiare: «In questi giorni di preoccupazione generale, temo che ci sia chi spaccia droga, chi sfrutta le donne, chi tormenta i debitori, chi fa del male. Anche questo rivela qualcosa dell’uomo, perché l’approfittarsi della situazione, per proprio egoismo, rivela la fragilità di fronte alle tentazioni. Muoiono insieme il giusto e l’empio, ma cosa ne sarà dell’empio quando si presenta al giudizio di Dio? Per questo voglio rivolgere un appello, a tutto coloro che vivono facendo del male, a convertirsi».
Tra le pitture murarie degli anni ’30 del secolo scorso e le vetrate rappresentanti figure di Santi ospedalieri, – la chiesa fu costruita nel 1903 e reinaugurata, dopo gli ampliamenti, nel 1938 – con l’affresco di Maria “Salute degli ammalati,” si avvia la Messa. La riflessione del vescovo Mario si snoda tra le «piccole libertà del “faccio quello che voglio”» e la «grande e autentica libertà».
L’omelia dell’Arcivescovo
«Le piccole libertà si giocano nelle cose di tutti i giorni e amano il grigiore, forse persino la confusione, là dove si immagina che una scelta non sia né buona né cattiva; le piccole libertà, talora, si giocano anche in momenti più importanti, quando si vivono le grandi scelte con la logica del “me la sento” e “non me la sento”; “mi piace” e “non mi piace”. Ma viene anche il tempo della grande libertà, quella che si trova davanti al bivio, là dove si decide della vita e della morte; la grande libertà è intelligente, consapevole: avverte il peso decisivo della scelta. Anche se abita nel chiaroscuro della storia, nel grigiore del quotidiano, prende in mano la sua vita e ne decide il senso».
Il riferimento è alla pagina evangelica di Giovanni al capitolo 8, peculiare della III di Quaresima ambrosiana, detta “di Abramo”, con l’incredulità dei Giudei di fronte a Gesù che «offre a chi l’ascolta la possibilità della grande libertà che si rivela possibile la dov’è c’è offerta della grazia credibile, l’alleanza affidabile, la promessa che può essere sperata. Gesù mette a rischio la sua vita, perché vuole offrire la via della vita. Offre a chi l’ascolta la possibilità della grande libertà: potete scegliere oggi, tra la vita e la morte».
E se gli interlocutori del Signore, 2000 anni fa, non credettero, perché convinti di «sapere già tutto e che la strada è già segnata, portando inevitabilmente alla morte», il richiamo non può che riportarci alla tremenda sofferenza e inquietudine che stiamo tutti vivendo.
«La situazione drammatica che si è creata, in questa nostra terra, può indurre a inseguire ogni minuzia, ogni informazione che sia resa disponibile, allo scopo di rassicurare o di spaventare, di confondere o di fare chiarezza. Sembra che oggi, siamo disposti ad ascoltare di tutto, a vedere di tutto, a credere a tutto. Forse abbiamo nostalgia delle piccole libertà, delle scelte che non impegnano troppo, della normalità confusa in cui si parla, si vive, si pensa, di agisce gratis e senza impegno. Ma la celebrazione della Quaresima, l’avvicinarsi della Pasqua, in questo tempo così speciale, si propone agli uomini e alle donne “che avevano creduto in Lui”, come l’annuncio dei giorni della grande libertà. Sperimentiamo la frustrazione dell’impotenza, la trepidazione dell’incertezza, lo smarrimento delle previsioni. Ma chi incontra Gesù, chi ascolta la sua parola, chi non si arrocca nella presunzione di aver creduto, ma si dispone a credere, riceve la promessa, può ascoltare l’invito a scegliere la vita. Fidatevi di Dio. Imparate da Gesù che cosa sia la vita o la morte, essere servo o essere libero, dire la verità o la menzogna».
Alla fine, giunge dall’Arcivescovo ancora un pensiero di ringraziamento e di vicinanza con l’auspicio «di vivere prossima settimana come un momento intenso di preghiera e di partecipazione alla vita della Chiesa, suonando, magari, le campane a mezzogiorno, per ribadire il nostro desiderio di Pasqua e per dare un messaggio di speranza, affinché coloro che non possono uscire di casa, possano ascoltarne il suono»
«Voglio, in particolare, ricordare – conclude – il gesto di comunione a cui siamo chiamati come Chiesa italiana. La sera di giovedì 19 marzo, festa di san Giuseppe, raccogliamoci tutti in preghiera, alle 21.00 (diretta Tv2000) nelle nostre case, per la recita del Santo Rosario».